di Jeff Hoffman
La crescente incertezza macroeconomica dovuta alla guerra sta portando le banche centrali dei paesi più ricchi ad aumentare le loro riserve in oro a discapito del dollaro.
Nonostante il forte rialzo del metallo prezioso, il cui prezzo spot ha raggiunto a maggio il livello record di 2.449 dollari l’oncia, la corsa all’oro partita due anni fa non accenna a fermarsi né fra i paesi più ricchi né tantomeno fra quelli emergenti.
Secondo un sondaggio annuale condotto dal World Gold Council, il 60% delle banche centrali dei paesi ricchi ritiene che la quota di oro nelle riserve globali aumenterà nei prossimi cinque anni.
Contemporaneamente, rivela il sondaggio, una percentuale crescente di economie avanzate, pari al 56%, rispetto al 46% dello scorso anno, ritiene anche che la quota del dollaro nelle riserve globali andrà a diminuire nel prossimo quinquennio. A dare il ritmo alla corsa all’oro sono stati proprio i paesi del sud del mondo che, osservando le dinamiche della geo-economia, hanno colto la palla al balzo per liberarsi dall’oppressione dell’economia militarizzata.
Stando a uno studio pubblicato dal Fondo Monetario Internazionale la quota del dollaro nelle riserve valutarie globali è precipitata da oltre il 70% del 2000 a sotto il 50% del 2023. Il declino del mercato azionario e dell’economia europea sono invece stati certificati da tutte le analisi economiche. C’era una volta la vecchia Europa?