di Margherita Furlan e Fabio Belli
Il Medio Oriente s’infiamma. La Libia ha deciso di espellere dal Paese gli ambasciatori di Gran Bretagna, USA, Francia e Italia a causa della posizione dei loro governi sulla situazione palestinese. Per Libia qui si intende il governo libico insediato a Tripoli e sostenuto da Occidente e Turchia. Il parlamento vicino al generale Haftar insediato a Bengasi ha invece chiamato a un blocco petrolifero islamico anti-occidentale. La Turchia, attraverso Recep Tayyip Erdogan, dopo aver avallato i desiderata della NATO, ha definito Hamas non un’organizzazione terroristica, ma un gruppo di mujaheddin che combatte per proteggere le proprie terre. Il presidente turco ha anche dichiarato che non si recherà in Israele a causa della guerra “disumana” in corso a Gaza. Erdogan ha esortato entrambe le parti in conflitto al cessate il fuoco, invitando i paesi musulmani ad agire insieme per raggiungere una pace duratura tra israeliani e palestinesi, ma ha sottolineato che “USA e Israele perderanno perché sono contro la Giustizia”. A Beirut nel frattempo si sono incontrati Hassan Nasrallah, la guida di Hezbollah, Saleh Al Arouri, vicecapo di Hamas, e Ziad Al Nakhalah, leader del Jihad islamico per la Palestina. L’Iran sente dunque odore di riscossa e Khamenei lo dice: «Le visite di alcuni capi di Stato di Paesi maligni e tirannici, nei Territori occupati da Israele, dimostrano la loro preoccupazione per il collasso d’un regime sionista ormai malconcio, ferito, esausto». Non ci sono dubbi, risponde il Mossad: i servizi di Teheran hanno aiutato Hamas «prima della guerra con esercitazioni, forniture di mezzi da combattimento, soldi, tecnologie, informazioni. E adesso, con incitamenti anti-israeliani sulle reti social». La censura è servita.
Nel frattempo, le autorità israeliane stanno valutando la possibilità di allagare il sistema di tunnel di Hamas prima dell’invasione di terra.
Lo ha scritto il giornalista americano Seymour Hersh in un nuovo articolo sulla piattaforma Substack facendo riferimento a un anonimo funzionario americano. Il giornalista suggerisce che ciò potrebbe indicare la disponibilità di Israele a rinunciare agli ostaggi. Da Tel Aviv fanno comunque sapere che il paese spende circa l’equivalente di 246 milioni di dollari al giorno per la guerra con Hamas. A svelarlo è il ministro delle Finanze israeliano, Bezalel Smotrich, che in un’intervista radiofonica dichiara di non avere ancora una valutazione dei costi indiretti del conflitto sull’economia israeliana, rimasta in parte paralizzata dalla mobilitazione di massa dei riservisti e dai frequenti attacchi missilistici.
Tra un’incursione a Gaza e l’altra, l’aeronautica israeliana non smette, tra l’altro, di prendere di mira la Siria. Stavolta è toccato all’aeroporto di Aleppo, costretto alla chiusura mentre fonti militari siriane avevano precedentemente riferito che otto soldati sono stati uccisi e altri sette feriti negli attacchi israeliani vicino alla città di Daraa durante la notte.
Ma anche Washington non sta a guardare, schierando 12 sistemi di difesa aerea Patriot in Medio Oriente per intercettare possibili missili. Le installazioni sono state confermate in Arabia Saudita, Kuwait, Iraq, Giordania, Emirati Arabi e Qatar. Israele avrebbe accettato, almeno per ora, la richiesta americana di ritardare l’invasione di terra così da consentire agli Stati Uniti di spostare più missili nell’area. Lo riporta il Wall Street Journal, che nota come gli Stati Uniti stiano dirottando la flotta da guerra dal Mediterraneo orientale al Golfo Persico. L’eventuale chiusura dello Stretto di Hormuz rileva più di quanto accade a Gaza: il 35/40% del petrolio che alimenta la produzione cinese transita da lì. Dunque, il nuovo olocausto palestinese, potrebbe significare un altro passo verso il tentativo d’isolare la Cina e ostacolare l’avanzata nel mondo dei BRICS.
Intanto, anche il New York Times smonta la tesi israeliana secondo cui l’attacco all’ospedale Al-Ahli di Gaza City sarebbe dovuto a un fallito lancio di razzi da parte di Hamas. Un’analisi visiva dettagliata tratta da una telecamera di Al Jazeera evidenzierebbe che il missile in questione non sarebbe quello che ha causato l’esplosione nell’ospedale causando la morte di diverse centinaia di persone.