di Gionata Chatillard
È partito in quinta il quinto mandato presidenziale di Vladimir Putin, fin da subito impegnato impegnato in una fitta agenda di importanti cerimonie istituzionali, iniziata ieri con la celebrazione del 10º anniversario dell’Unione Economica Eurasiatica. Il vertice si è svolto a Mosca a porte chiuse, con la partecipazione dei cinque stati fondatori del blocco: Armenia, Bielorussia, Kazakistan, Kirghizistan e, appunto, Russia.
Putin ha elogiato i risultati ottenuti dall’Unione dal 2014 a questa parte, sottolineando come il PIL totale dei suoi membri sia aumentato da 1,6 a 2,5 trilioni di dollari. Nello stesso periodo, il fatturato commerciale con paesi terzi è aumentato del 60%, mentre il volume degli scambi fra i 5 membri del blocco non solo è quasi raddoppiato, ma si svolge ormai per oltre il 90% attraverso pagamenti effettuati in valute nazionali. Un particolare, questo, che mette al riparo dalle sanzioni gli Stati membri, facendo dell’Unione Economica Eurasiatica un centro nevralgico del mondo multipolare su cui la Russia e sempre più paesi stanno puntando con forza.
Al vertice di Mosca hanno partecipato in veste di osservatori anche il Tagikistan e Cuba. L’isola caraibica è stata rappresentata dal presidente Miguel Díaz-Canel in persona, che ha sottolineato come il suo Paese sia l’unico partner del blocco al di fuori della regione eurasiatica. I legami fra Mosca e L’Avana si sono d’altronde notevolmente rafforzati negli ultimi anni in diversi ambiti, in primis quello del turismo, dove la Russia è diventata il terzo mercato più importante per Cuba, soprattutto in virtù dell’uso delle carte MIR nel sistema bancario dell’isola.
A margine del vertice, Putin ha tenuto una serie di incontri bilaterali con Díaz-Canel e con gli altri leader arrivati a Mosca, fra cui il primo ministro armeno Nikol Pashinyan. Un dato, questo, degno di nota, dal momento che lo scorso febbraio Erevan aveva deciso di sospendere la sua partecipazione all’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva, strizzando invece l’occhio alle potenze occidentali. Il boicottaggio armeno dell’alleanza militare a trazione russa non si è però tradotto in una misura simile sul terreno economico. Il Cremlino ha infatti definito i colloqui fra Putin e Pashinyan come un evento “atteso e necessario” per mettere le cose in chiaro fra due paesi storicamente alleati e che, con il vertice di ieri, hanno dimostrato di voler ancora cercare un riavvicinamento.