di Gionata Chatillard
Undici sono le persone arrestate dalle autorità russe per l’attentato che venerdì scorso ha causato la morte di almeno 137 persone al Crocus City Hall di Mosca. Fra di loro ci sono anche i 4 uomini di nazionalità tagika finiti già oggi davanti al giudice come principali sospettati della strage. “Avevano cercato di nascondersi e di rifugiarsi in Ucraina”, ha spiegato Vladimir Putin, aggiungendo che dall’altra parte della frontiera c’era già chi li stava aspettando a braccia aperte.
La ricostruzione del presidente russo, che punta il dito contro Kiev, non convince però gli Stati Uniti, che assicurano che i mandanti sarebbero gli islamisti dell’ISIS, che hanno subito rivendicato l’attentato. Ciò su cui Washington non si è soffermata, sono invece i possibili legami fra lo Stato Islamico e il fronte occidentale, a cominciare proprio dall’Ucraina. Dettaglio, questo, su cui si sofferma il colonnello statunitense in pensione Douglas Mc Gregor, che oltre a vedere chiari collegamenti fra i terroristi arrestati e i miliziani islamici che combattono come mercenari al fianco di Kiev, ipotizza anche un coinvolgimento diretto dell’Intelligence angloamericana nel loro reclutamento. E ad aggiungere altra legna al fuoco ci pensa poi il generale Michael Flynn, già consigliere per la sicurezza nazionale di Donald Trump, secondo cui dietro all’attentato di Mosca potrebbe esserci la solita Victoria Nuland, che solo poche settimane fa aveva parlato della necessità, da parte di Kiev, di accelerare la “guerra asimmetrica” contro Mosca.
Da Washington, intanto, accusano Putin di non aver offerto nessuna prova a sostegno della pista ucraina. Per Volodymyr Zelensky, poi, il capo del Cremlino starebbe semplicemente cercando di sviare l’attenzione per coprire le falle della sicurezza russa. Ma non solo. Il Governo degli Stati Uniti sostiene anche di aver avvisato Mosca per tempo, condividendo informazioni che avrebbero potuto sventare l’attacco. Peccato che l’ambasciatore russo a Washington lo abbia smentito, assicurando di non aver ricevuto nessuna informazione specifica in merito. Ciò che rimane vero, è però l’avvertimento lanciato il 7 marzo dall’Ambasciata statunitense a Mosca, in cui si consigliava a tutti i cittadini di evitare i grandi raduni .
Alla fermezza con cui la Casa Bianca ha escluso a priori la pista ucraina, ha risposto ieri la portavoce del Ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, che ha così ironizzato sulla ricostruzione statunitense: “Hanno immediatamente assicurato che l’Ucraina non è coinvolta, e che la colpa è da attribuire allo Stato islamico. Vorrei che avessero fatto così in fretta anche a risolvere l’assassinio di John Fitzgerald Kennedy. E invece no… Lì sono già passati più di 60 anni, e non sono ancora riusciti a venirne a capo”.