QUANDO IL GIOCO SI FA SERIO…
di Franco Cardini
Sapevo perfettamente che qualcosa del genere sarebbe accaduto: ma i segnali del maturare (non voglio e non posso dire ancora che siamo al precipitare) degli eventi mi prende di contropiede. Contavo che ci fosse ancora un buon numero di mesi, magari qualche anno, prima che ciò accadesse. Ma tant’è. Del resto, spero di sbagliarmi.
Detesto la frase fatta Quando il gioco si fa duro, i duri scelgono di cominciar a giocare. Sa di velleitarismo, di bullismo, di chiacchiere. È una tipica frase che piace ai perdenti.
Credo invece che quando il gioco si fa serio, le persone serie debbono cominciar a giocare. Una persona seria è un buon cittadino, uno che paga le tasse, rispetta il prossimo e fa il suo dovere giornaliero, uno che pensa che non esistano diritti senza corrispondenti doveri e che il bene pubblico vada sempre e comunque prima dell’interesse e dell’arbitrio privati.
La tornata elettorale testé conclusa, anche se parziale e limitata (anzi, proprio in quanto tale), ha mostrato con chiarezza inequivocabile lo scollamento tra l’oligarchia costituita dalla nostra classe politica nel suo complesso (attenzione: ho detto oligarchia, non élite) e il complesso mediatico che ad essa è funzionale da una parte, e il “paese reale” – vale a dire la società civile – dall’altra. I meccanismi giuridico-istituzionali formali cui siamo legati assicurano che possiamo legittimamente essere governati anche da una maggioranza espressa da molto meno della metà degli aventi diritto al voto; ma la coscienza diffusa tra i cittadini responsabili non può non indurci a riconoscere se non molto esile tale legittimità: tantopiù in presenza di un malessere e di un disagio che cominciano a crescere e cha hanno già cominciato a tradursi in movimenti di piazza di crescente intensità e di preoccupante disprezzo della legalità e della sicurezza.
Ma tale malessere, tale disagio, trovano la loro radice in una situazione che ormai è sotto gli occhi di tutti: generale impoverimento (le statistiche parlano di 12 milioni d’italiani in stato di patente povertà o di crescente impoverimento: il 20% della popolazione del paese), di perdita progressiva del potere d’acquisto di stipendi e salari a fronte di un aumento del costo della vita e di un incremento delle spese per beni e servizi (bollette ecc.) – quindi di una sempre più prossima stretta inflazionistica –, di un ridursi concreto dei posti di lavoro (mentre la Confindustria impedisce al governo di assumere misure adeguate riguardo al problema del costo del lavoro), con le file dinanzi alle sedi della Caritas che distribuiscono pasti quotidiani che si allungano. Mentre la concentrazione della ricchezza s’intensifica e il danaro cade in un numero sempre più ristretto di mani, specie straniere (le lobbies multinazionali), il ceto medio si assottiglia e la proletarizzazione dei ceti subalterni cresce esponenzialmente.
Frattanto, anche la situazione internazionale si va facendo di giorno in giorno più fosca: e con sempre maggior inquietudine ci si domanda se la nostra posizione di subalterni all’’interno di un’alleanza politico-militare (quella con gli USA e con la NATO) i costi della quale sono altissimi, coincida effettivamente con i nostri interessi nazionali e con la nostra scelta, costituzionalmente esplicita, indirizzata al mantenimento della pace.
È evidente che il problema non sta nel “pericolo neofascista”, negli esiti dell’emergenza No Vax o in alcun’altra espressione di disagio collettivo. Il recupero della fiducia da parte della società civile nei confronti del mondo della politica e dei media passa ormai per la strada stretta e urgente di una riforma elettorale nella quale il paese si riconosca e nella ridefinizione attraverso un responsabile, spregiudicato sforzo la nostra posizione internazionale.
Dove ci porterà tutto ciò, è presto per dirlo. Ma la vecchia parola d’ordine che risonava circa mezzo secolo fa nelle strade e per le piazze parigine è ancora valida.
da Minima Cardiniana https://www.francocardini.it/minima-cardiniana-348-2/#more-3177