di Fabio Belli
Volantini che cadono dal cielo, sms e messaggi sui social media. Così l’esercito israeliano ha iniziato oggi, 6 maggio, l’operazione di terra a Rafah, mediante un avviso capillare rivolto a tutti i rifugiati palestinesi affinché abbandonino la zona. Secondo stime delle forze armate di Tel Aviv, sarebbero circa 100.000 le persone da sfollare. E mentre migliaia di persone fuggono, l’esercito israeliano inizia il massacro nell’area con un bombardamento di alcuni edifici civili causando la morte di 12 persone.
Nel frattempo, sia il movimento libanese Hezbollah, che la resistenza islamica dell’Iraq prendono di mira alcune basi israeliane rispettivamente sulle alture del Golan e in Palestina.
Intanto sale la tensione tra la Russia l’Occidente con Mosca che minaccia ritorsioni. A tal proposito, l’ambasciatore inglese nella capitale russa, Nigel Casey, è stato convocato al ministero degli Esteri dopo che il capo della diplomazia britannica, David Cameron, aveva affermato il diritto di Kiev di utilizzare missili a lungo raggio inviati dal Regno Unito per colpire in profondità il territorio russo. Casey, secondo quanto riporta il ministero degli Esteri di Mosca, sarebbe stato avvertito che in risposta di tali attacchi potrebbero seguire azioni verso qualsiasi impianto militare e equipaggiamento britannico in Ucraina e al di fuori di essa.
Tuttavia, Mosca non ha preso bene neanche le dichiarazioni di un presunto invio di truppe occidentali in Ucraina, motivo per cui, secondo il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, tali affermazioni richiederebbero un’attenzione e misure speciali. Non a caso, proprio oggi, lo Stato maggiore delle forze armate russe ha iniziato i preparativi per esercitazioni con unità missilistiche che prevedono l’uso di armi nucleari non strategiche.
Laddove non v’è massacro il punto di non ritorno è sempre più vicino.