di Domenico D’Amico
Lo scorso 27 ottobre l’Assemblea Generale dell’Onu ha votato a grande maggioranza – 120 favorevoli contro 44 astenuti e 13 contrari – la risoluzione dal titolo “Protezione dei civili e rispetto degli obblighi legali e umanitari”: l’Assemblea ha anche chiesto a tutte le parti di “rispettare immediatamente e pienamente” gli obblighi previsti dalle leggi internazionali umanitarie e sui diritti umani, “in particolare per quanto riguarda la protezione dei civili e degli oggetti civili”.
La risoluzione ha inoltre esortato a proteggere il personale umanitario, le persone non in grado di combattere, le strutture e i beni umanitari e a consentire e facilitare l’accesso umanitario per le forniture e i servizi essenziali per raggiungere tutti i civili bisognosi nella Striscia di Gaza”; chiede poi di revocare l’ordine impartito da Israele, “la potenza occupante”, ai civili palestinesi, al personale delle Nazioni Unite e agli operatori umanitari di evacuare tutte le aree della Striscia di Gaza a nord di Wadi Gaza e di trasferirsi a sud.
Una risoluzione di assoluto buon senso, quasi il minimo sindacale verrebbe da dire. Va ricordato infatti che le risoluzioni dell’ONU non hanno potere vincolante, ma esprimono la visione generale dell’Assemblea e dettano una linea politica di indirizzo generale.
Eppure L’Italia si è astenuta, così come altri 43 paesi, quasi tutti europei; ovviamente contrario il voto di Usa e Israele, così come quello dell’Ungheria di Orban, dell’Austria, della Croazia e della Repubblica Ceca, per rimanere all’Europa.
Il perché lo spiega il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni: “[L’astensione sulla risoluzione Onu su Gaza] è stata la posizione della gran parte dei Paesi del Consiglio europeo, dei Paesi europei e di quelli del G7.”
Sottolinea poi l’ambasciatore Maurizio Massari per l’Italia all’Onu, come riportato dall’AGI: “Manca la condanna chiara degli attacchi di Hamas a Israele, e manca il riconoscimento del diritto a difendersi di ogni Stato sotto attacco […] L’Italia è e sarà con fermezza solidale verso Israele – ha spiegato all’Assemblea l’ambasciatore Massari – per noi la sicurezza di Israele non è negoziabile. Questo è ciò che il governo italiano, dal primo ministro al ministro degli Esteri, ha sempre sostenuto”. Poco prima non era passato proprio l’emendamento che condannava Hamas; tutti i paesi del G7 e dell’Unione Europea avevano votato a favore di quell’emendamento.
Per l’Occidente, e anche per l’Italia quindi, le dichiarazioni di principio formali, e che principio verrebbe da dire, ormai hanno valore superiore alle vite umane di donne, bambini e anziani innocenti, che ogni giorno a migliaia perdono la vita a Gaza: è la tragedia del potere di oggi, mentre tutto il mondo manifesta per un cessate il fuoco immediato.
Ha gioco facile in questo contesto a inserirsi il PD, che con la sua segretaria Elly Schlein che, deplorando la scelta del governo, dice: “c’è un confine netto tra giustizia e vendetta, quel confine non va superato mai”. E convoca tutti alla prossima manifestazione per la pace del prossimo 11 novembre a Roma, che verrà dopo quella di Milano a difesa dei valori occidentali convocata da Salvini a Milano per il 4 novembre (non casualmente proprio il giorno di festa delle forze armate).
Puro bi-pensiero orwelliano quello del PD, che da una parte vota per l’invio delle armi in Ucraina e dall’altra parla in modo opportunistico di pace un tanto al chilo. Provocazione invece quella della Lega, che irresponsabilmente chiama la piazza invocando lo scontro di civiltà.
Casualmente gli italiani in questi giorni vengono interpellati da un sondaggio, prontamente diffuso urbi et orbi, proprio sulla loro paura in merito ad eventuali attentati terroristici nel nostro Paese: e quasi la metà ritiene tale eventualità molto probabile. Diceva Sciascia, parlando del terrorismo a matrice statale: la sua funzione è esclusivamente quella di “spostare dei rapporti di forza: e delle forze che già ci sono. E di spostarli non di molto”. Giocano fra loro insomma, sulla nostra pelle e su quella del popolo palestinese.