di Margherita Furlan e Fabio Belli
L’Arabia Saudita ha chiuso qualsiasi processo di normalizzazione con Israele.
A riportarlo è il quotidiano Jerusalem Post, citando esponenti del Regno che avrebbero informato il segretario di Stato statunitense Antony Blinken, che proprio ieri, secondo quanto riporta il Dipartimento di Stato, aveva parlato con il Ministro degli Esteri Saudita, il principe Faisal bin Farhan, discutendo degli ultimi sviluppi legati all’offensiva di Hamas.
Secondo la dichiarazione ufficiale del Ministero degli Affari Esteri saudita “il Regno dell’Arabia Saudita ritiene Israele responsabile di quanto accaduto a causa delle sue ripetute provocazioni e della privazione dei diritti dei palestinesi.”
Riyad dunque, senza sostenere direttamente la Palestina, sembra orientata a perseguire la stessa posizione dei paesi arabi della regione. La decisione dell’Arabia Saudita sembra in sintonia con quanto dichiarato dal diplomatico iraniano, Ali Akbar Velayati, che durante una conversazione telefonica con il ministro siriano degli Affari esteri, Faisal Mekdad, aveva messo in guardia gli stati arabi contro la cosiddetta normalizzazione delle relazioni con Israele. “Coloro che credono di poter affrontare i loro problemi normalizzando con i sionisti e rompendo le relazioni con le nazioni musulmane dovrebbero imparare una lezione dagli eventi e rendersi conto che stanno mettendo seriamente in pericolo la sicurezza della regione”.
Prima dell’attacco di Hamas contro Israele sembrava ormai vicino un accordo per la normalizzazione dei rapporti tra Arabia Saudita e Israele, che avrebbe completato la mappa degli Accordi di Abramo. Per arrivare alla firma, il mediatore Joe Biden era pronto a fare ampie concessioni al regno saudita: un impegno formale a difenderlo in caso di aggressione e una vasta collaborazione nel settore nucleare. Cosa questa che anche negli Usa ha fatto rabbrividire molti: l’atomica nelle mani di Mohammed bin Salman spaventa poco meno di una, ipotetica, nelle mani degli ayatollah iraniani, che, con l’Arabia Saudita protetta dall’ombrello militare Usa e dotata di accesso al nucleare, avrebbero perso la golden share per la pacificazione della regione (compresi lo Yemen e il Libano) mentre il riavvicinamento diplomatico coi sauditi, a sua volta mediato dalla Cina di Xi Jinping, sarebbe diventato carta straccia. L’attacco di Hamas a Israele ha dunque costretto i dirigenti sauditi a prendere posizione in difesa dei palestinesi, per non restare isolati nel mondo arabo. E ha ovviamente allontanato, se non proprio annullato, qualunque prospettiva di intesa con Israele.