di Gionata Chatillard
La de-dollarizzazione continua ad avanzare con passo lento, ma costante. L’ultima iniziativa in questa direzione è rappresentata dalla decisione dell’Arabia Saudita di aderire a un progetto transfrontaliero di valuta digitale a trazione cinese. La mossa di Riyad è stata annunciata questa settimana dalla BRI, la Banca dei Regolamenti Internazionali, un organismo con sede a Basilea adibito a coordinare le diverse banche centrali nazionali, e che è attualmente impegnato nella supervisione del programma in questione, battezzato ufficialmente con il nome di mBridge.
Il progetto -lanciato nel 2021 da Cina, Hong Kong, Thailandia ed Emirati Arabi Uniti- è uno dei tanti sul versante delle valute digitali delle banche centrali, dal momento che sono ormai molti i paesi che stanno sperimentando in questo senso. Scopo dell’iniziativa a cui ha aderito l’Arabia Saudita è quello di rendere più semplici i movimenti transfrontalieri di capitali, questione delicata non solo tecnicamente, ma anche politicamente. Se l’mBridge dovesse funzionare come previsto, ci si aspetta che nei prossimi mesi si possa registrare un aumento degli scambi commerciali non denominati in dollari. Soprattutto per ciò che riguarda le materie prime, petrolio incluso. Ed è forse anche per questo che la Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti ha appena approvato un disegno di legge che vieta alla Federal Reserve di creare una moneta digitale.
Ma se l’Arabia Saudita non intende rimanere indietro sul versante delle valute virtuali, Riyad non vuole neanche perdere il treno tecnologico dei microchip. Il paese guidato da Moḥammad bin Salman ha infatti annunciato un piano di sviluppo per diventare un polo di sviluppo di semiconduttori. In teoria, per diversificare la propria economia e non dipendere troppo dal dollaro. Ma in pratica, anche per impedire che Cina e Stati Uniti possano dominare totalmente un settore di fondamentale importanza per lo sviluppo tecnologico. “Non stiamo cercando di sostituire Nvidia”, hanno subito specificato i sauditi, quasi a non voler indispettire la compagnia americana, che proprio in queste ore ha superato Apple in termini di capitalizzazione, raggiungendo l’astronomica cifra di 3.000 miliardi di dollari. Un dato che non fa che confermare ciò che Riyad sa già, ovvero che il futuro -e forse anche le guerre- passeranno inevitabilmente per i microchip.