di Gionata Chatillard
Portava due pistole cariche e una pila di munizioni l’uomo arrestato venerdì scorso a Los Angeles durante un comizio di Robert F. Kennedy (RFK). Il sospetto, che affermava di essere un agente di sicurezza, aveva chiesto di essere portato immediatamente dal candidato alla Casa Bianca. La richiesta aveva però fatto scattare l’allarme fra le vere guardie del corpo di Kennedy, che hanno poi messo l’uomo in condizione di non nuocere prima di farlo arrestare dalla polizia di Los Angeles.
I fatti sono successi al Wilshire Ebell Theatre, a soli 3 chilometri dall’Ambassador Hotel, il luogo dove il padre di RFK fu assassinato 55 anni fa. Temendo di poter fare la stessa fine, il candidato democratico ha ripetutamente preteso la protezione dei servizi segreti statunitensi, che gli è però sempre stata negata. Dopo quanto accaduto venerdì scorso, Kennedy ha già annunciato di voler inoltrare nuovamente la richiesta al presidente e compagno di partito Joe Biden.
Vera e propria spina nel fianco dell’establishment democratico, il nipote di JFK sta conducendo una campagna elettorale controcorrente, sollevando questioni politicamente scorrette sia nel campo sanitario che in quello geopolitico. Pochissimo lo spazio concessogli dalla stampa americana, nonostante nei sondaggi la sua popolarità sia ben più alta di quella di Biden. Gli stessi fatti di venerdì scorso non hanno fatto troppo rumore sui media occidentali, nonostante a rischiare la vita sia stato l’esponente di una prestigiosa dinastia politica che per ben due volte ha già pagato col sangue le proprie posizioni.