di Margherita Furlan ed Elisa Angelone
Durante la prima tappa del suo tour europeo, sabato 13 maggio a Roma il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha incontrato i massimi rappresentanti della colonia italica che lo ha accolto con tutti gli onori, come si conviene ai migliori spettacoli teatrali e a una ben studiata campagna di marketing. Un incontro di circa mezz’ora con il presidente Sergio Mattarella, oltre un’ora di colloquio con la premier Giorgia Meloni e 40 minuti a tu per tu con Papa Francesco, coronati infine da uno speciale a Porta a Porta con i migliori esponenti del giornalismo di regime, proni al guru del pacifismo orwelliano.
Incontri e colloqui intrisi della retorica ormai stucchevole che dipinge Zelensky come eroe stoico, l’Ucraina come paese democratico attaccato senza motivo dai russi cattivi, vittime anch’essi delle folli ambizioni del loro zar, e la guerra come unica reale soluzione al conflitto.
Non per nulla infatti l’esecutivo italiano ha assicurato ulteriori aiuti militari all’Ucraina, confidando nella vittoria di Kiev, nonché il massimo sostegno di Roma all’integrazione europea dell’Ucraina – esca con la quale milioni di cittadini ucraini vengono da tempo ingannati con promesse di un futuro luminoso mentre è lo stesso presente a essere incerto.
A Porta a Porta Zelensky ha portato in campo il solito motivetto secondo il quale non è possibile mediare con la Russia di Vladimir Putin perché il Cremlino non ha intenzione di fermarsi all’Ucraina, ma proseguirà oltre, arrivando al cuore dell’Europa. Un’eventualità, questa, che per l’ex comico ucraino e portavoce di Washington andrebbe quindi scongiurata sconfiggendo Mosca sul campo di battaglia in Ucraina – altrimenti, minaccia Zelensky, anche gli italiani dovranno prepararsi a combattere. Al pubblico italiano si intende così dare l’immagine di un’Ucraina che va sostenuta perché, in fondo, combatte anche per noi. All’establishment non serve terrorizzare le masse bensì istituzionalizzare la guerra come evento naturale inevitabile. Il ministro degli Esteri italiano, nonchè Vicepresidente del Consiglio dei ministri, Antonio Tajani, ha sottolineato che l’Italia è pronta a considerare la risoluzione del conflitto in Ucraina solo sulla base dei “dieci punti” proposto da Zelensky, che comprendono anche richieste di risarcimento e l’istituzione di un tribunale per i crimini di guerra che dovrebbe andare a giudicare i crimini russi (e non quelli ucraini).
Zelensky ha seguito lo stesso copione anche nel colloquio avvenuto a porte chiuse con Papa Francesco, bocciando senza troppi convenevoli la proposta di mediazione della Santa Sede. Proposta i cui dettagli restano tutt’ora riservati ma che evidentemente implicano un compromesso a cui il regime fantoccio di Kiev non vuole scendere. “Con tutto il rispetto per Sua Santità, noi non abbiamo bisogno di mediatori, noi abbiamo bisogno di una pace giusta” avrebbe detto Zelensky al Pontefice. Con “pace giusta” si intende ovviamente quella decisa dall’Ucraina e da sempre definita irrealizzabile dal Cremlino. Quella, ovvero, che comporta il ritiro della Russia da tutti i territori cosiddetti occupati, Crimea compresa. Solo la via ucraina, dunque, è percorribile. Una via che non contempla il dialogo ed esclude negoziati per decreto e che ad oggi passa necessariamente per le armi (chiaramente occidentali). E’ stato dunque Zelensky a presentare il proprio piano di pace al Pontefice e a chiedergli di attenervisi, mentre civili, proprio mentre Zelensky era a Roma, cadevano sotto i democratici attacchi ucraini a Donetsk.