di Gionata Chatillard
Hanno preso il via oggi in Russia le elezioni presidenziali, con le urne che resteranno aperte fino a questa domenica. Il grande favorito è Vladimir Putin, che può puntare a ottenere il suo quinto mandato -il 3º consecutivo- grazie alla riforma costituzionale approvata nel 2020.
La stampa russa ha presentato questa tornata elettorale come un vero e proprio “referendum” sull’operato del presidente negli ultimi 2 anni, ovvero da quando Mosca si trova in guerra contro l’Occidente per intermediazione ucraina. Il primo riflesso di questo nuovo scenario è che alle elezioni prenderanno parte anche i cittadini delle 4 regioni strappate a Kiev: Kherson, Zaporozhye, Donetsk e Lugansk. Oltre a ciò, è stato introdotto per la prima volta anche il voto elettronico a distanza, che secondo le previsioni verrà utilizzato da oltre 3 milioni di persone.
La vera novità, però, è il clima di minaccia esistenziale che sta vivendo il paese, messo alle strette da Washington e i suoi alleati, e costretto a cambiare drasticamente le proprie coordinate geopolitiche volgendo il proprio sguardo più verso Est e verso Sud che verso Ovest. Una situazione che ha avuto inevitabili ripercussioni anche sulla campagna elettorale, particolarmente di basso profilo proprio perché, in questo momento, è in gioco la stessa sopravvivenza della Federazione Russa per come la si conosce.
Ad affrontare Putin alle urne ci sono 3 candidati. Il primo è Nikolaj Kharitonov, membro del Partito Comunista e veterano della politica russa. Nel suo programma, parla della Cina come di un esempio da seguire e sostiene il ritiro di Mosca dalle organizzazioni internazionali a trazione occidentale. Il secondo candidato è invece Leonid Sluckij, leader di lunga data del Partito Liberal Democratico, la formazione politica più antica del paese. Fra le sue proposte, quella di accelerare l’operazione militare in Ucraina e imporre una legislazione più severa sugli agenti stranieri che operano in Russia. Infine, Putin se la dovrà vedere inoltre con il giovane Vladislav Davankov, unica ventata di aria fresca in queste elezioni presidenziali. Il suo programma si concentra principalmente sulle questioni economiche, ma in qualche modo si è anche fatto promotore di un approccio più morbido in politica estera, fermo restando che sia lui che gli altri due candidati -al di là di qualche sfumatura- sono sostanzialmente d’accordo sui passi intrapresi dal Cremlino in Ucraina negli ultimi 2 anni.
Forse proprio per questo, Putin sembra avere la strada più che spianata per rimanere in sella. Come nel 2018, il presidente in carica si presenta come candidato indipendente, contando però sul sostegno di 3 partiti, primo fra tutti Russia Unita. Secondo i sondaggi, il presidente in carica -forte dei successi ottenuti sul campo in Ucraina- potrebbe facilmente ottenere oltre l’80% dei voti. Una percentuale che renderebbe superfluo il ballottaggio e proietterebbe Putin al Cremlino per i prossimi 6 anni.