di Elisa Angelone
Le speculazioni circa il movente di Prigozhin e della sua “marcia della giustizia” si sprecano. Vi è chi parla di un tradimento in piena regola da parte di Prigozhin, ambizioso di salire ai vertici del potere in Russia. A sostegno di questa ipotesi sarebbe il supporto dichiarato alla rivolta del gruppo Wagner da parte di noti oppositori del governo di Putin come il magnate Mikhail Khodorkovsky e l’intero apparato del regime di Kiev. Vi è chi intravede invece un regolamento di conti interno alle stanze delle élites russe e chi sostiene che si sia trattato di un tentativo di colpo di stato eterodiretto. Anche in quest’ultimo caso si spiegherebbero, secondo alcuni analisti, le improvvise parole di elogio nei confronti del gruppo Wagner da parte dei media occidentali. Questa pare essere, per il momento, l’ipotesi più popolare tra gli analisti indipendenti, come lo statunitense Scott Ritter, e anche tra alcuni rappresentanti dell’élite russa e straniera, come il presidente serbo Vučić. Il primo a parlare apertamente di colpo di Stato con il coinvolgimento di agenti stranieri è stato il vicepresidente del Consiglio di Sicurezza russo Dmitry Medvedev. Dello stesso avviso è l’influente economista russo Sergej Glazyev, che pone l’accento sulla tempistica con la qual è avvenuta la rivolta, ovvero proprio nel momento in cui l’Ucraina è chiaramente destinata alla sconfitta e la popolarità degli sponsor occidentali della guerra è in calo. “Non c’è dubbio che l’insurrezione sia coordinata e diretta dai servizi segreti di Stati Uniti, Gran Bretagna e, forse, di uno dei Paesi del Medio Oriente” scrive Glazyev. Secondo questa ipotesi, dunque, l’ambizioso Prigozhin sarebbe stato “comprato” dall’intelligence straniera per fomentare una Maidan moscovita.
Eppure, volendo considerare la complessità della Russia come Paese, l’ammutinamento della Wagner potrebbe essere stata una vera e propria operazione di dissimulazione orchestrata dallo stesso governo russo allo scopo di distrarre l’isterico Occidente e liberarsi dei nemici interni alle stanze del potere in Russia. Il pericolo più concreto e più vicino per Vladimir Putin. A sostenerlo è persino l’oppositore di Putin esiliato in Ucraina Il’ja Ponomarev, secondo cui la marcia della Wagner sarebbe stata una “messinscena” con l’obiettivo di rafforzare il consenso intorno alla figura di Putin di fronte alla minaccia di un’alternativa radicale e, dunque, di gran lunga peggiore per le sorti del Paese e del mondo intero. In tutto questo la CNN ha rivelato come l’intelligence USA fosse al corrente dei piani di Prigozhin, pur non avendo chiaro l’obiettivo finale.
Per il momento, quel che è certo è che la reazione occidentale alla rivolta della Wagner ha inasprito ulteriormente il dialogo tra Mosca e i paesi occidentali avvicinando il confronto verso il punto di non ritorno. Tanto che i principali media statali russi parlano apertamente di un possibile utilizzo di armi nucleari tattiche contro obiettivi in Europa, nello specifico in Ucraina, Polonia, Gran Bretagna, Germania e Belgio, sede del quartier generale della NATO.