di Gionata Chatillard
Mai prima d’ora i separatisti catalani avevano portato a casa un risultato così importante come quello ottenuto nelle ultime ore dopo settimane di intense negoziazioni con il Partito Socialista spagnolo, capitanato dal premier uscente Pedro Sánchez. Per poter restare in sella nonostante la sconfitta elettorale patita lo scorso luglio, il primo ministro si è infatti visto costretto a cercare la sponda dei deputati indipendentisti, che hanno colto l’occasione per riaprire la questione territoriale e strappare a Madrid nuove e decisive concessioni che potrebbero presto spianare la strada alla secessione della Catalogna.
Quella che all’inizio doveva essere una semplice amnistia per gli organizzatori del referendum di autodeterminazione messo ‘illegalmente’ e unilateralmente in piedi dai separatisti nel 2017 si è invece trasformata in una più ampia intesa che ha fatto gridare allo scandalo la destra spagnola. Secondo i termini dell’accordo, che permetterà al leader indipendentista Carles Puigdemont di poter tornare in patria dopo anni di esilio a Bruxelles, Sánchez si impegna ad aprire ufficialmente un negoziato per poter indire un referendum di autodeterminazione sul modello di quello celebrato in Scozia nel 2014. Referendum che questa volta non sarebbe più convocato unilateralmente dai separatisti, ma con tutti i crismi della legalità costituzionale.
Ma non solo. Sánchez ha anche accettato che il processo sia mediato da osservatori internazionali, trattando quindi la Catalogna -dicono i critici- come un’entità in qualche modo già separata dal resto della Spagna. Dulcis in fundo, il premier socialista si è impegnato a negoziare il trasferimento a Barcellona del 100% delle tasse pagate dai cittadini della regione. Una vera e propria svolta storica che permetterà alla Catalogna di equipararsi in termini fiscali ai Paesi Baschi. Cosa, questa, che ha mandato su tutte le furie la destra, che accusa Sánchez di aver ulteriormente minato l’uguaglianza di tutti i cittadini spagnoli di fronte alla legge, il tutto per ottenere il sostegno di 7 deputati che rappresentano circa l’11% del voto espresso dai catalani a luglio.
Nelle strade di Madrid e di altre città spagnole le manifestazioni vanno avanti ormai da una settimana, con disordini pubblici, arresti e decine di feriti. Fra i dimostranti, anche il leader di Vox Santiago Abascal. Proprio ieri, il suo predecessore al vertice di questa formazione è stato colpito in faccia da una pallottola in pieno centro a Madrid. Un attentato che la polizia non ha comunque messo in relazione con la questione catalana, sospettando invece che possa essere legato alla sua attività di avvocato difensore degli oppositori del Governo iraniano. Abascal ha comunque colto l’occasione al volo per chiedere che i colpevoli vengano catturati al più presto e che, almeno questa volta, nessuno possa concedere loro l’amnistia.
Sánchez apre le porte all’indipendenza della Catalogna
