di Fabio Belli
Per la Russia non sono affatto un problema le sanzioni occidentali che ormai hanno la stessa efficacia di un colabrodo.
È quanto afferma il quotidiano britannico, The Economist, che sottolinea la crescita rapida dell’economia russa: +4% nel secondo e +5,4 nel primo trimestre 2024, nonostante le pseudo restrizioni imposte dall’Occidente. Stando a quanto afferma il funzionario del ministero degli Esteri russo, Dmitry Birichevsky, Mosca starebbe programmando decenni di sanzioni occidentali.
Il conflitto russo ucraino però ha giovato anche ad altri stati dell’Asia centrale tra cui il Kazakistan, che ha aumentato le esportazioni verso la Russia da 40 milioni di dollari nel 2021 a 298 milioni di dollari nel 2023. Allo stesso tempo, anche le importazioni di elettronica dall’Europa al Kazakistan sono aumentate da 250 a 709 milioni di euro. Una rapida impennata degli indici economici è stata rilevata anche da Armenia, Azerbaigian, Georgia e Turchia.
Anche le esportazioni dell’Unione europea verso questi Stati sono aumentate di 46 miliardi di euro nel 2023, in crescita del 50% rispetto al 2021.
Le economie dell’Asia centrale e del Caucaso traggono dunque vantaggio dal conflitto russo ucraino essendo cresciute del 6% nel 2023, rispetto al 4% nel 2022.
Tale fenomeno, osserva The Economist, potrebbe essere risolto espandendo i divieti sulle esportazioni verso paesi terzi o colpendo le loro banche. Tuttavia, conclude il quotidiano, questa non sembra una strada percorribile da Bruxelles. Come già avvenuto per le sanzioni sul petrolio russo aggirate tramite le cosiddette triangolazioni, anche in questo caso l’Unione europea sembra voler salvaguardare questo tipo di scappatoia cercando di salvare capra e cavoli. Ovvero rinunciando definitivamente a spezzare le reni alla Russia, limitando gli svantaggi delle sanzioni che si ripercuotono come un boomerang sul Vecchio Continente e, allo stesso tempo, facendo apparire le restrizioni solo come uno status di facciata.