di Fabio Belli
La Svizzera estende le sanzioni alla Russia seguendo le ultime misure varate da Bruxelles.
È quanto ha affermato la Segreteria di Stato per gli affari economici che ha ribadito le restrizioni per individui, aziende e organizzazioni russe. Il tutto secondo la narrazione occidentale che stabilisce come dato di fatto la presunta deportazione illegale di bambini ucraini in Russia. Una tesi ampiamente contestata da Mosca che ha invece difeso la politica di allontanamento dei minori dalle zone di combattimento. Secondo il commissario russo per i diritti dei bambini Maria Lvova-Belova, i minori sarebbero infatti stati collocati in campi estivi e resort russi su richiesta delle loro famiglie.
Ma anche per Berna evidentemente, la versione che conta è quella del regime di Kiev, pertanto le nuove restrizioni svizzere, che comprendono il congelamento dei beni e divieto di transito nella Confederazione elvetica, prenderanno di mira 71 persone e 33 società russe.
Discorso diverso per le autorità svizzere sembrerebbe riguardare le armi. Proprio ieri l’esecutivo del paese aveva detto no alla riesportazione in Ucraina di 96 carri armati Leopard 1 A5 dismessi, attualmente in Italia. La domanda, formulata dalla società svizzera di armamenti Ruag, aveva incassato il secco no per incompatibilità con il diritto vigente. Un’incompatibilità che non sembra quindi riguardare le sanzioni proposte dall’Unione europea nel suo recente 11° pacchetto. Pertanto il paese che aveva fatto della neutralità il suo caposaldo sulla politica estera, giustifica le restrizioni come una “situazione straordinaria”, affermando che la posizione svizzera è rimasta intatta ma, secondo il governo, sarebbe prioritario stare dalla parte dei cosiddetti valori occidentali.