di Elisa Angelone
Continua in Ucraina la persecuzione ai danni della Chiesa ortodossa ucraina del Patriarcato di Mosca. Persecuzioni che negli ultimi giorni si sono concentrate con particolare energia intorno al monastero delle Grotte di Kiev, diventato una sorta di roccaforte contro la repressione religiosa del regime di Zelensky, che è arrivato ad espellere i monaci dall’antico monastero con l’accusa di sostenere la causa di Mosca e a trasferire la proprietà dell’edificio alla chiesa ortodossa autocefala dell’Ucraina.
Azione, questa, di fronte alla quale il metropolita Pavel di Kiev, vicario del monastero delle Grotte dagli anni ‘90, si è appellato al presidente ucraino Zelensky condannando lo sgombero del monastero.
Nonostante un folto gruppo di fedeli si sia radunato davanti al monastero a sostegno dei monaci, lo scorso sabato 1° aprile le autorità ucraine hanno perquisito la casa del metropolita Pavel, convocandolo poi per un interrogatorio, durante il quale gli sono state rivolte accuse di collaborazionismo con Mosca. In particolare, il metropolita di Kiev è accusato di “incitamento all’odio interreligioso” e di “giustificare l’aggressione armata della Federazione Russa ai danni dell’Ucraina”. “Reati”, questi, che sulla base della legge ucraina possono essere puniti con pene fino a 15 anni di carcere.
Trascinato in tribunale, al metropolita di Kiev sono stati imposti 2 mesi di arresti domiciliari 24 ore su 24 con tanto di braccialetto elettronico e l’impossibilità di interagire con i fedeli, men che meno di celebrare le funzioni religiose durante il periodo della Pasqua.
Il leader religioso ha affermato di non aver fatto nulla per essere accusato e ha definito questa mossa “un ordine politico”. Secondo il ministero degli Esteri russo, l’arresto del metropolita e il sequestro del monastero delle Grotte di Kiev sono atti “illegittimi dal punto di vista legale e immorali dal punto di vista spirituale”. Tanto più, sottolinea Mosca, se si considera il periodo scelto dal regime di Zelensky per mettere in atto queste misure contro il monastero delle Grotte: il periodo della Quaresima. D’altronde, la politica anticlericale di Kiev non è frutto di un’iniziativa indipendente: “lo scisma dell’Ortodossia”, scrive il ministero degli Esteri russo, “è da tempo un obiettivo di Washington”.
Anche dopo l’arresto del metropolita Pavel, monaci e fedeli continuano tuttavia le azioni di disobbedienza civile, con il monastero ormai asserragliato dalle forze dell’ordine e da giovani nazionalisti ucraini definiti da Mosca, non a sproposito, “attivisti neonazisti”.
Assordante, ad oggi, il silenzio della cosiddetta comunità internazionale di fronte a quella che a tutti gli effetti è una grave violazione della libertà religiosa ad opera di un regime che viene costantemente dipinto come “democratico” in contrasto all’autoritarismo russo.