di Jeff Hoffman
Tre sono le vittime delle sempre più partecipate proteste senegalesi contro il rinvio delle elezioni voluto dal politicamente corretto presidente Mocky Sall.
Le manifestazioni senegalesi sono effettivamente iniziate da oltre un anno in contemporanea alle persecuzioni contro il partito Pastef, il cui leader, Ousmane Sonko, è stato arrestato in luglio con l’accusa di corruzione giovanile.
Vale la pena ricordare che l’unica formazione politica mai sciolta nel paese è stata, nel 1960, il Partito Africano dell’Indipendenza, (PAI), quando il Senegal ottenne, almeno sulla carta, l’indipendenza dalla Francia.
Stando al presidente Sall, il rinvio delle elezioni sarebbe dovuto alle controversie elettorali sulla compilazione delle liste ma, secondo l’opposizione, è di un colpo di stato che si parla. Non a caso, infatti, i candidati presidenziali che si oppongono al rinvio delle elezioni hanno presentato ricorsi legali dichiarando di non voler riconoscere il presidente in carica dopo la scadenza del suo mandato.
Il Dipartimento degli affari africani di Washington ha dichiarato in un post di essere “rattristato” per i decessi e ha poi intonato la solita canzone dell’esortazione alla calma. In quella che viene comunemente definita l’unica democrazia del Sahel, quindi, il “modello Kiev” della messa al bando dei partiti d’opposizione è politicamente corretto.
Il problema, tuttavia, è che la tolleranza africana nei confronti degli sfruttatori occidentali è giunta al limite e, de facto, a entrare in gioco nel risiko africano sono la Russia e la Cina che, al contrario di Francia, Italia, Inghilterra, Olanda e Stati Uniti sono a dir poco invitati a restare.
Dopo gli accordi militari con il Niger, la Russia sta infatti programmando di stanziare 10 mila soldati nella sua prima base militare del continente nella Repubblica del Centrafrica.
Secondo le autorità centrafricane la base andrà a beneficio dell’esercito del Paese, che riceverà un addestramento aggiuntivo dagli istruttori russi e, al contempo, rafforzerà la sicurezza territoriale.
“La reputazione del Senegal come bastione della democrazia è a rischio”, ha scritto in un comunicato stampa la BBC.
A scanso equivoci, intanto, il franco-democratico presidente Sall ha fortemente limitato l’accesso alla rete internet con la motivazione ufficiale di “impedire la diffusione di messaggi sovversivi e di odio”.
Senegal: golpe a la carte in salsa francese.