di Gionata Chatillard
È un trionfo a tutto tondo quello di Aleksandar Vucic, che -dopo essere stato rieletto un anno fa come presidente- viene adesso premiato dai suoi connazionali con una maggioranza assoluta nel Parlamento serbo. Vincente si è rivelata la mossa di convocare elezioni anticipate per contenere l’opposizione, che negli ultimi mesi aveva organizzato grandi manifestazioni antigovernative sulla scia delle sparatorie che lo scorso maggio avevano sconvolto il paese causando la morte di una ventina di persone. La questione delle armi era così diventata il grimaldello con cui i rivali europeisti di Vucic intendevano scardinare gli equilibri di potere a Belgrado. Un tentativo che si è però saldato con una sonora sconfitta, dal momento che il partito che appoggia il presidente avrebbe ottenuto circa 130 seggi su un totale di 250.
All’opposizione non è andata bene neanche a Belgrado, ovvero in quella che avrebbe dovuto essere la sua roccaforte. L’aver trasformato le elezioni -anche quelle municipali- in un referendum su Vucic ha infatti giovato a quest’ultimo e penalizzato invece i suoi rivali, che avevano dato vita a un’eterogenea coalizione composta da una dozzina di formazioni unite più che altro dal desiderio di mandare a casa il Capo di Stato. Un desiderio ancora non sopito, dal momento che ieri l’opposizione ha indetto una manifestazione nella capitale per protestare contro le presunte irregolarità del processo elettorale, fra cui spiccherebbe il rilascio di 40.000 documenti di identità a cittadini bosniaci che sarebbero poi stati trasportati a Belgrado per poter votare a favore del partito che sostiene il presidente.
“Ci aspetta un periodo difficile”, ha dichiarato Vucic dopo aver annunciato la sua vittoria. Il presidente, che ha detto di voler seguire la “strada europea” per risolvere il conflitto del Kosovo, sa bene di rappresentare un modo di fare politica ormai in via di estinzione in un Vecchio Continente sempre più piegato alle esigenze d’oltre Atlantico. Agli occhi di Bruxelles e Washington, fra i peccati originali di Vucic ci sarebbe infatti quello di non aver scaricato la Russia di Vladimir Putin. Non a caso, il Cremlino è stato ieri fra i primi a complimentarsi con lui per il successo, fiducioso che il risultato elettorale possa “rafforzare la cooperazione” con un paese che Mosca considera “amico” e “fraterno”.