di Jeff Hoffman
Una delegazione di 30 produttori di armi per la Difesa statunitense è atterrata a Taipei per partecipare al forum dell’industria della difesa Taiwan-Stati Uniti.
A guidare la delegazione e aprire il provocatorio forum è l’ex comandante delle forze del Pacifico dei Marines degli Stati Uniti, Steven Rudder, accompagnato dall’ex presidente repubblicano del Comitato di Sicurezza della Camera Michael McCaul.
Poche ore prima il presidente degli Stati Uniti Joe Biden aveva rilasciato un’intervista al Time affermando che vi fosse la concreta possibilità che gli USA schierassero truppe sull’isola di Taiwan.
“Nessuna minaccia potrà scuotere la determinazione della Cina nel proteggere l’integrità territoriale del Paese”, ha affermato un portavoce del Ministero degli Affari Esteri cinese in risposta alle osservazioni del presidente Biden.
Il dato di fatto è che si tratta della prima visita da parte dei maggiori produttori di armamenti come Lockheed Martin e Raytheon a Taiwan. D’altro canto, emerge che le consegne di aerei F-16 a Taiwan sono slittate al 2027 con Taipei che sta ancora attendendo le consegne di armamenti richiesti a Washington nel 2019.
Nel frattempo, a cavallo dell’onda anomala delle provocazioni contro Pechino provenienti dalla Micronesia, il presidente dell’arcipelago di Palau, alleato di Washington, ha oggi denunciato un grave attacco informatico puntando il dito contro la Cina.
“Oggi è il 35esimo anniversario di Tienanmen”, ha scritto ieri, 4 giugno, il segretario di Stato Antony Blinken sul suo profilo X aggiungendo che Washington sarebbe al fianco di coloro che, nella Repubblica popolare cinese e nel mondo, lottano contro l’ingiustizia e cercano la libertà, “e ricordiamo coloro che sono stati messi a tacere”, ha concluso Blinken dimenticando Julian Assange, Gonzago Lira e i 140 giornalisti colpiti a Gaza da proiettili e bombe a stelle e strisce.
Dall’oceano Atlantico al Pacifico, dunque, la guerra mediatica di Washington continua.