di Jeff Hoffman
Missione America Latina: dopo il vice Segretario di Stato, Wendy Sherman, recatasi a Buenos Aires la scorsa settimana, ad arrivare in Argentina il 17 aprile scorso è stato il generale in capo del comando meridionale dell’esercito a stelle e strisce, diretto poi in Cile e in Colombia nello strenuo tentativo di mantenere il controllo sul resto del continente che, però, si è dichiarato più vicino a Mosca che a Washington.
A incontrare la generale a 4 stelle è stato il ministro della Difesa argentino, Jorge Taiana, subito dopo il capo di Stato Maggiore delle forze armate argentine, Juan Martín Paleo. La visita bilaterale del generale Richardson ha coinciso con le proteste a Buenos Aires contro le politiche del Fondo monetario internazionale e le ingerenze di forze esterne negli affari dell’Argentina, a conferma dell’insofferenza del popolo.
“Abbiamo discusso di cooperazione in materia di sicurezza poiché l’Argentina è un fidato partner di sicurezza regionale”, hanno fatto sapere dal Comando militare USA.
Tuttavia, guardando meglio, emerge che durante l’annuale testimonianza delle Forze Armate davanti al Senato degli Stati Uniti, il 23 marzo scorso, l’SOS America Latina era stato lanciato sia in chiave anticinese che antirussa.
In tale occasione la Russia era stata definita dallo stesso generale Richardson una grave minaccia in quanto rafforzerebbe i regimi autoritari a Cuba, in Nicaragua e in Venezuela e continuerebbe la sua vasta campagna di disinformazione.
“Queste attività minano le democrazie e sfidano la nostra credibilità”, aveva commentato Richardson.
“Il mondo è a un punto di svolta. I nostri partner nell’emisfero occidentale con i quali siamo legati da scambi commerciali, valori condivisi, tradizioni democratiche, legami familiari, stanno subendo l’impatto dell’interferenza esterna e della coercizione”, è stata invece la sentenza emessa dai vertici militari sulle iniziative della Repubblica Popolare Cinese in America latina.
Nella relazione, d’altro canto, i vertici militari a stelle e strisce hanno accusato la Cina di fare ciò che loro stessi vanno facendo da decenni: “la Repubblica Popolare Cinese ha la capacità e l’intenzione di evitare le norme internazionali per portare avanti il suo marchio di autoritarismo e accumulare potere e influenza a spese di queste democrazie”, si legge dagli estratti della testimonianza.
Il dossier, in ogni caso, continua a scaldarsi in quanto l’intero Sud America, seppur con toni diversi, ha espresso un netto rifiuto alla guerra.
“Anche se finiscono come rottami in Colombia, non consegneremo armi russe da portare in Ucraina per prolungare una guerra. Non siamo con nessuna delle due parti. Siamo per la pace» ha dichiarato il presidente colombiano Gustavo Petro. “Il Brasile è un paese di pace”, ha invece dichiarato il presidente Lula, seguito dagli altri capi di Stato del centro e sud America.
Il rifiuto di massa dei paesi sudamericani non fa che confermare un profondo cambiamento degli equilibri di potere che, evidentemente, ha ormai investito tutto il continente a sud degli Stati Uniti.