di Gionata Chatillard
Mentre la violenza divampa in Sudan, con la capitale Khartum ormai in preda ai saccheggi e senza generi di prima necessità, la stampa occidentale sta facendo di tutto per attribuire la responsabilità degli scontri alla solita Russia di Vladimir Putin. L’anello di congiunzione fra Mosca e quanto sta succedendo nel paese africano sarebbe, tanto per cambiare, la compagnia Wagner. Secondo la CNN, questo gruppo di mercenari vicino al Cremlino e presente in diversi teatri di guerra -non ultimo quello ucraino- starebbe infatti fornendo missili alle Forze di Supporto Rapido, ovvero al gruppo armato che si sta scontrando con le truppe regolari del Governo militare sudanese.
Ma non solo. Altre testate, come il Wall Street Journal, hanno infatti chiamato in causa il generale libico Khalifa Haftar, anche lui vicino a Mosca e accusato di aver inviato aiuti militari alle Forze di Supporto Rapido, con cui intratterrebbe da tempo un rapporto di stretta collaborazione. E infine, a completare la ricostruzione della stampa occidentale ci sarebbe poi l’Egitto, che a sua volta sarebbe in combutta con Haftar e i ribelli sudanesi. Il tutto, si lascia intendere, sotto l’interessata tutela del Cremlino.
Peccato che a smentire tutte queste informazioni ci abbiano pensato i diretti interessati. E così, mentre i paramilitari sudanesi e la stessa Wagner sconfessavano chi li accusava di andare a braccetto, Haftar negava categoricamente di parteggiare per una delle fazioni in lotta. Anzi, il generale libico si è anche detto disposto a “svolgere un ruolo di mediazione” fra Governo e paramilitari. Un ruolo che, a chiunque spetterà, sarà comunque una bella gatta da pelare, dal momento che per il momento non si intravede nessuna fine per un conflitto che è appena iniziato ma che promette già di eternizzarsi.
Dopo una settimana di scontri nel centro di Khartum il paese si trova infatti sull’orlo dell’abisso. La situazione è di confusione totale. Non è chiaro chi controlla cosa. E gli abitanti della capitale, nel dubbio, preferiscono barricarsi in casa sperando di non essere usati come scudi umani. I morti sarebbero infatti già oltre 300, e il sistema sanitario pare aver già alzato bandiera bianca, con almeno 20 ospedali costretti a chiudere i battenti sia per la violenza imperante, sia per la mancanza di risorse.
Il tutto mentre il Governo militare del Sudan afferma di non scorgere all’orizzonte nessuna soluzione diplomatica, scartando così una possibile mediazione internazionale. “Gli attuali sviluppi sono una questione unicamente interna”, ha infatti sottolineato un portavoce dell’Esercito, aggiungendo che le forze armate faranno il possibile per non trasformare il paese in una nuova Libia. Scenario, questo, che sembra però oggi più plausibile che mai.