di Gionata Chatillard
Ci sarebbero i fondi della Banca Mondiale dietro ai soprusi inflitti a diverse comunità indigene della Tanzania. A rivelarlo è il think tank Oakland Institute, con un’inchiesta sull’allargamento di un parco destinato a scopi turistici. Per poter portare avanti il progetto, il Governo tanzano ha sfrattato oltre 20.000 persone senza andarci troppo per il sottile. Secondo i resoconti arrivati all’Oakland Institute, le autorità del paese africano avrebbero infatti vessato e violentato la popolazione locale per farle sgomberare il campo il più presto possibile. E il tutto sarebbe stato pagato coi soldi messi a disposizione dalla Banca Mondiale, organismo internazionale a trazione statunitense con sede a Washington.
Gli autori del rapporto denunciano che questi finanziamenti sono volti a incrementare esclusivamente il settore turistico, a scapito però di tutto il resto. Un “modello di crescita oppressivo” e non sostenibile, soprattutto per chi in quelle terre ci vive. Due rappresentanti di una comunità locale hanno infatti già sporto denuncia contro la Banca Mondiale, accusandola di aver finanziato la distruzione dei loro “diritti”, primo fra tutti quello all’”identità”. Secondo un copione che peraltro si ripete da anni -sempre uguale- anche in altre zone del paese, dove sempre più comunità indigene stanno soccombendo per fare spazio ai turisti.