di Fabio Belli
“Se i paesi vicini tentassero un intervento militare, il presidente deposto Mohamed Bazoum verrebbe ucciso. Questo in sostanza quanto avrebbe riferito il governo militare del Niger al sottosegretario di Stato statunitense Victoria Nuland nei giorni scorsi. Nel frattempo, a seguito della riunione di ieri, 10 agosto, i leader dell’ECOWAS hanno approvato il dispiegamento di una “forza di riserva per ripristinare l’ordine costituzionale” nel Paese. L’intervento, secondo il presidente ivoriano Alassane Ouattara, avrà la massima priorità sebbene i capi di Stato Maggiore della Comunità dovranno tenere ulteriori incontri per finalizzare le operazioni. “Forniremo un battaglione da 850 a 1.100 uomini insieme ai soldati della Nigeria e del Benin”, ha detto Ouattara.
La decisione dell’ECOWAS è scaturita dai membri a trazione occidentale, Nigeria in primis, che ne ha la presidenza oltre ad essere il maggior contributore a livello di PIL. Non sono membri della Comunità i confinanti Algeria, Libia e Ciad che, insieme all’Egitto, hanno rifiutato qualsiasi coinvolgimento in azioni armate, nonostante anche l’Unione Africana, comprendente tutte le nazioni del Continente Nero, abbia appoggiato la decisione di ieri. Nell’ECOWAS, inoltre, vi sono 4 Stati sospesi per i golpe militari: oltre al Niger sono esclusi la Guinea, il Mali e il Burkina Faso. Quest’ultima, tramite il ministro degli Esteri con una sua delegazione, sarà presente a Mosca la prossima settimana in occasione del Forum tecnico-militare internazionale “Army 2023”.
Intanto le sanzioni al Niger colpiscono anche Pechino. La costruzione del progetto idroelettrico Kandadji da 800 milioni di dollari è stata interrotta dall’appaltatore cinese Gezhouba Group, che ha lamentato come la maggior parte dei fondi siano stati congelati a causa delle attuali sanzioni dopo il colpo di stato. La diga, una volta completata, dovrebbe potenziare la rete elettrica del paese del 50%.