di Gionata Chatillard
È passato solo un anno da quando Israele e Turchia hanno ristabilito le piene relazioni diplomatiche, ma i tempi sembrano essere già maturi per un veloce dietro-front. Il Governo di Benjamin Netanyahu ha infatti deciso di richiamare il proprio corpo diplomatico dopo l’appassionato discorso filo-palestinese pronunciato da Erdoğan a Istanbul davanti a decine di migliaia di persone. Un discorso in cui il presidente turco avrebbe, secondo Israele, dimostrato tutto il suo “antisemitismo”. Una posizione sintetizzata dalle parole dell’inviato del Governo Netanyahu alle Nazioni Unite, che senza peli sulla lingua ha dichiarato che “un serpente resterà per sempre un serpente”.
Nella sua arringa di sabato scorso davanti alla folla, Erdogan aveva duramente attaccato tutto l’Occidente, accusandolo di essere il “principale colpevole” del “massacro” di Gaza. L’offensiva israeliana è per il presidente turco un “crimine di guerra” paragonabile in tutto e per tutto all’Olocausto. Motivo per cui Erdogan ha applaudito la “determinazione” del popolo palestinese, che ha preferito non abbandonare le proprie case nonostante i continui avvertimenti del nemico. “Hamas”, ha assicurato il presidente, “non è un’organizzazione terroristica, ma una forza di liberazione” in lotta contro un Esercito “oppressore”.
Una lotta a cui anche Ankara potrebbe presto unirsi. O questo, almeno, è quello che ha lasciato intendere Erdogan. “Una di queste notti potremmo bussare alla vostra porta all’improvviso”, ha infatti minacciato il presidente turco, risfoderando un vecchio adagio già usato in passato contro la Grecia. Una metafora per avvertire Israele che, se il Governo Netanyahu non intendesse tirare presto i remi in barca, un intervento diretto di Ankara a fianco di Hamas sarebbe tutt’altro che da escludere.