di Margherita Furlan
Martedì 23 luglio è arrivato in Cina il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba. La visita durerà fino a venerdì 26 luglio. In un comunicato del ministero degli Esteri di Kiev si legge che il principale argomento di discussione sarà “la ricerca di soluzioni e il possibile ruolo della Cina nel raggiungimento di una pace stabile e giusta”. Tra i temi discussi troveranno spazio anche “l’approfondimento del dialogo bilaterale e l’espansione del commercio e della cooperazione economica”, come emerge da un discorso video di Kuleba pubblicato sulla piattaforma cinese Weibo.
Si tratta della prima visita del ministro degli Esteri ucraino dall’inizio della guerra. Il mese scorso una delegazione di alti funzionari ucraini guidata dal vice ministro degli Esteri Andriy Sybiha ha incontrato in Cina l’omologo Sun Weidong, segnando un tentativo reciproco di limitare i danni a pochi giorni dalle forti dichiarazioni di Volodymyr Zelensky: intervenendo allo Shangri-La Dialogue di Singapore, il presidente ucraino aveva accusato Pechino di collaborare con Mosca per “boicottare” la conferenza sulla pace in Svizzera del 15 e 16 giugno. Di recente Zelensky ha comunicato l’intenzione di organizzare un altro vertice entro novembre, esortando i rappresentanti russi a partecipare.
La Cina conferma la volontà di proporsi come paese determinato a promuovere la pace. Come ribadito in più occasioni da Pechino, anche con il sostegno del Brasile che quest’anno presiede il G20, l’idea è quella di una seconda conferenza riconosciuta sia da Kiev che da Mosca. Una posizione, quella della Repubblica popolare, reiteratamente presentata come imparziale e neutrale, tanto che anche il capo del Cremlino ha approvato la postura cinese elogiando il “ruolo costruttivo della risoluzione della crisi attraverso canali politici e diplomatici” di Pechino.