di Gionata Chatillard
Sono sempre più frequenti e più profonde le offensive militari ucraine in territorio russo. Negli ultimi giorni, diverse batterie di droni sono state scagliate contro stazioni radar di fondamentale importanza strategica per Mosca. Difficile capire l’entità dei danni provocati, anche perché sulla questione la stampa internazionale ha preferito sorvolare. Eppure, il fatto che l’occidente abbia iniziato a colpire questo tipo di bersagli apre inquietanti ipotesi su quello che potrebbe essere un imminente allargamento del conflitto.
Nel silenzio generale dei media, qualche segnale d’allarme è stato comunque lanciato dalla Russia. Il senatore Dmitry Rogozin, per esempio, ha sottolineato come questi attacchi, portati a compimento contro strutture critiche di difesa nucleare, potrebbero già di per sé legittimare una risposta atomica da parte del Cremlino, semplicemente in base a quella che è la dottrina militare della Federazione Russa. Da Mosca, però, preferiscono non portare la questione in primo piano, forse per non mettere in vetrina la propria vulnerabilità. Ma forse anche perché il Cremlino, come è spesso accaduto negli ultimi mesi, preferisce chiudere un occhio per evitare quell’escalation che l’Occidente sembra invece cercare a tutti costi.
La domanda, in questo caso, è quanto potrà durare la pazienza russa. Anche perché gli ultimi sviluppi non lasciano presagire niente di buono. La stazione radar colpita nella regione di Krasnodar è infatti parte del sistema di allarme rapido per il rilevamento di missili balistici fino a 6.000 chilometri di distanza. La sua funzione principale è dunque quella di individuare tempestivamente testate nucleari intercontinentali, ovvero armi che l’Ucraina -oggi come oggi- non ha ancora in suo possesso. Ma allora che interesse avrebbe avuto Kiev ad attaccare questa struttura?
Qualche analista militare ha avventurato l’ipotesi che l’offensiva potrebbe proprio preparare il terreno al futuro uso di armi occidentali da parte dell’Esercito ucraino contro obiettivi in territorio russo. Diversi paesi, d’altronde, si sono già pronunciati a favore di questa soluzione, e l’autorizzazione ufficiale potrebbe essere effettivamente solo questione di tempo. Ciononostante, per altri osservatori questi attacchi senza precedenti contro elementi chiave dell’ombrello nucleare russo nasconderebbero prospettive strategiche ancora più inquietanti. Anche perché a lanciare quegli attacchi, assicura il senatore Rogozin, sarebbero stati direttamente gli Stati Uniti.
In questo senso, si tratterebbe quindi di offensive volte non a cambiare gli equilibri del conflitto attuale, ma a indebolire il sistema difensivo russo in vista di un prossimo attacco nucleare lanciato direttamente da Washington. Tesi, questa, sostenuta dal colonnello austriaco Markus Reisner, che spiega che in sostanza come Kiev starebbe preparando il terreno a un intervento diretto della NATO nel conflitto. Si tratterebbe quindi di un’ennesima accelerata delle provocazioni occidentali volte a innescare una reazione russa che darebbe alla Casa Bianca il pretesto per trascinare in guerra gli Stati Uniti e i loro alleati. Il tutto mentre Mosca svolge esercitazioni tattiche nucleari e Vladimir Putin -un giorno sì e l’altro pure- continua ad avvertire l’Occidente di non giocare col fuoco.