di Elisa Angelone
Bruxelles sta mettendo a punto un nuovo pacchetto di sanzioni contro una serie di imprese di diversi Paesi accusate di “supportare il comparto industriale-militare russo. Al contempo gli USA minacciano la Georgia di sanzioni qualora riprendesse il collegamento aereo con la Russia dopo il decreto firmato ieri da Vladimir Putin.
In generale le sanzioni economiche sono diventate la modalità preferita dell’Occidente per interagire con altri Stati che, per un motivo o per l’altro, non sono “allineati” e per questo rappresentano un ostacolo al mantenimento dell’attuale ordine mondiale unipolare.
Sessant’anni fa, le sanzioni come strumento punitivo non erano così popolari. All’inizio degli anni ‘60 infatti meno del 4% dei Paesi ne era interessato. L’accelerazione esponenziale nell’uso delle sanzioni economiche o altre forme di blocchi è stata capitanata da Washington, mossa dichiaratamente da alti ideali di democrazia.
Ad oggi oltre ¼ dei paesi del mondo e quasi ⅓ dell’economia globale sono soggetti a sanzioni da parte degli Stati Uniti, dell’UE o di organizzazioni internazionali come l’ONU. Oggi è la Russia il Paese più sanzionato al mondo, cui seguono poi l’Iran e la Siria rispettivamente al secondo e al terzo posto. Le attuali tensioni geopolitiche hanno portato ad un vero e proprio boom di sanzioni, con Bruxelles stessa che, su esempio dei padroni, ne sforna a cadenza regolare e dire che “funzionicchiano” sarebbe già un eufemismo. Queste misure restrittive, inoltre, secondo il diritto internazionale, hanno valenza legale solamente se imposte dal Consiglio di sicurezza dell’ONU. Eppure questi blocchi imposti da un Paese o da un gruppo di Paesi ad un altro sono arrivati al giorno d’oggi a sostituire il dialogo diplomatico e spesso possono danneggiare in primis le nazioni che ne abusano.
E come proliferano le sanzioni, così anche i modi per aggirarle, come ha ampiamente dimostrato il caso delle sanzioni antirusse e dell’embargo al petrolio russo. Come ovviare quindi a questo circolo vizioso? Secondo i burocrati di Bruxelles, imponendo l’ennesimo pacchetto di sanzioni. Una spirale suicida che condanna l’Europa intera alla stagnazione economica.