di Elisa Angelone
Oggi, 9 maggio, ricorre il 78esimo anniversario della vittoria sovietica sulla Germania nazista e sulla Piazza Rossa a Mosca si è svolta come ogni anno la parata in occasione della Giornata della Vittoria. Parata capitanata dal comandante dell’esercito russo Oleg Salyukov e dal ministro della Difesa Sergej Shoigu. Presenti al grande evento come ospiti stranieri il primo ministro armeno e i presidenti Bielorussia, Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Turkmenistan e Uzbekistan. Presenza che, in quel di Kiev, è stata etichettata come “un passo immorale e ostile nei confronti dell’Ucraina”. Assente, tra i rappresentanti delle nazioni “amiche” della Russia, solo il leader azero, rimasto in patria per celebrare il centenario della nascita del padre.
Oltre 10.000 i soldati presenti sulla Piazza Rossi, tra cui 530 combattenti dell’operazione militare speciale e un centinaio di mezzi militari che hanno sfilato davanti alla folla per rendere omaggio ai veterani, ai caduti nella Seconda guerra mondiale, ma anche nell’attuale conflitto in Ucraina. La parte aerea della parata non ha invece avuto luogo.
Il parallelismo tra la Grande Guerra Patriottica e la guerra in corso da oltre un anno in Ucraina contro il regime neonazista di Kiev eterodiretto da Occidente ha, in effetti, dominato la parata di oggi, aperta, come di consueto, dal discorso del presidente russo Vladimir Putin. Un discorso che si è concentrato sull’importanza che ha oggi l’operazione speciale in Ucraina per il destino della Federazione Russa che, come ha sottolineato il capo del Cremlino, ancora una volta si trova a combattere contro la minaccia nazista. Una minaccia alimentata ad hoc dai paesi che 78 anni fa sono stati liberati grazie al sacrificio sovietico e che si combatte oggi sulla pelle del popolo ucraino, “ostaggio”, dice Putin, “del regime criminale di Kiev e dei suoi padroni occidentali”.
Nel suo discorso, Putin ha ribadito il reale obiettivo delle élite globaliste e della loro attuale campagna russofoba: disintegrare e annientare la Russia e, con essa, l’intero sistema di sicurezza globale e qualsiasi slancio verso uno sviluppo autonomo. Mentre in gran parte d’Europa e negli Stati Uniti non viene dato spazio alle celebrazioni del 9 maggio e viene in molti casi addirittura ignorata l’impresa sovietica, Vladimir Putin ha reso omaggio anche agli eserciti un tempo alleati di Stati Uniti e Gran Bretagna. Senza dimenticare nemmeno un riferimento alla resistenza cinese contro il militarismo giapponese. Mosca e Pechino sono infatti oggi alla testa di quella che Putin definisce una “tendenza irreversibile verso un mondo multipolare più giusto” e sono in questo unite -sembra dire Putin- anche “dall’esperienza di solidarietà maturata negli anni di lotta contro la comune minaccia”.
Dal breve discorso del capo del Cremlino emerge chiaramente, ancora una volta, con quale spirito Mosca stia affrontando la guerra per procura in Ucraina: una vera e propria lotta per la sopravvivenza della civiltà e della cultura russe in una riedizione della Grande Guerra Patriottica con gli ex-alleati dall’altro lato della barricata. Anche in questo caso, come 70 anni fa, in gioco vi è la sopravvivenza dell’Europa intera. Quella stessa Europa che ha oggi forzatamente voltato le spalle alla Russia e alla storia e che oggi, 9 maggio, festeggia “la pace e la democrazia” mentre fomenta la guerra e il dispotismo.