di Jeff Hoffman
Mentre l’esercito di Taiwan distribuisce alla popolazione un manuale di protezione civile che indica i rifugi antiaerei, l’ex consigliere per la Sicurezza degli Stati Uniti, Matt Pottinger, vola a Taipei per mettere a punto un piano di evacuazione diretto ai circa 80mila cittadini USA residenti a Taiwan.
A diffondere la notizia, come da manuale, è un alto funzionario anonimo dell’Intelligence a stelle e strisce che, citato dal sito web The Messenger, ha fatto sapere che l’elaborazione del piano di evacuazione è in corso da gennaio ma è negli ultimi due mesi che i preparativi si sono intensificati.
A svolgere il ruolo del poliziotto buono ci ha pensato poco dopo il coordinatore delle comunicazioni strategiche del Consiglio di sicurezza nazionale della Casa Bianca, John Kirby, che, eludendo la domanda dei giornalisti in merito alla sicurezza dei cittadini statunitensi a Taiwan ha dichiarato che usualmente il governo non si preoccupa di evacuare i privati cittadini americani dalle aree di conflitto, aggiungendo poi che le attuali condizioni a Taiwan non giustificherebbero una riconsiderazione di tale politica.
“Il fatto che gli Stati Uniti stiano facendo questo non significa che si aspettino che ci sarà una guerra, è solo una dichiarazione che potrebbe esserci una guerra”, ha puntualmente aggiunto Mark Cancian, veterano consigliere del Center for Strategic and International Studies, confermando la tanto cara a Washington strategia della tensione.
Salta agli occhi però che, oltre a firmare nuovi accordi militari con i cosiddetti alleati asiatici la Casa Bianca, a prescindere dal presidente in carica, ha continuato ad inviare navi da guerra e a svolgere esercitazioni militari che, secondo Pechino sono vere e proprie provocazioni.
Nel frattempo, dopo Panama, El Salvador e Nicaragua, anche l’Honduras ha tagliato i ponti con l’eterodiretto governo di Taipei e, da Pechino, il presidente dell’Honduras Xiomara Castro ha fatto sapere che, grazie all’invito del presidente Xi Jinping il suo paese spera di costruire nuovi orizzonti politici, scientifici, tecnici, commerciali e culturali. La mossa honduregna ha lasciato Taipei con il pieno riconoscimento diplomatico di soli 13 paesi in tutto il mondo e ha segnato la nona defezione dal 2016, mentre gli stati dell’America Latina e dei Caraibi adesso coinvolti nella nuova via della seta sono 21 su 33.
Evacuazione o meno, quindi, è evidente che più l’alleanza sino-russa si allarga e più Washington mira alla guerra