di Gionata Chatillard
È un terremoto politico quello che si è abbattuto ieri sul Congresso degli Stati Uniti d’America. Per la prima volta nella Storia del paese, lo speaker della Camera dei Rappresentanti è stato destituito dai suoi colleghi, che hanno votato a favore della mozione di sfiducia presentata da Matt Gaetz. Il deputato repubblicano, fedelissimo di Donald Trump, ha guidato la rivolta contro il suo compagno di partito Kevin McCarthy, accusandolo di aver flirtato con i Democratici sia sulla legge di bilancio che sull’invio di armi all’Ucraina.
Tuttavia, per ironia della sorte, sono stati proprio i voti dell’opposizione democratica a mandare in porto la mozione di sfiducia. Il partito di Joe Biden si è infatti espresso in modo compatto per cacciare McCarthy, mostrando tutta la sua irritazione per la decisione dell’ormai ex speaker di avviare un processo di impeachment contro l’inquilino della Casa Bianca. Alla fine, però, ad andarsene a casa è stato lo stesso McCarthy, messo all’angolo da 8 repubblicani che hanno detto “sì” alla sfiducia.
L’iniziativa di Gaetz, infatti, era anche e soprattutto un regolamento di conti fra le file dei conservatori, sempre più divisi fra trumpisti e fedeli all’establishment. E se per qualcuno i repubblicani si sono dati la zappa sui piedi da soli frantumando il partito, per altri questa rottura era non solo inevitabile, ma anche necessaria per far riprendere al tycoon newyorkese le redini della sua formazione politica.
Più a breve termine, la cacciata di McCarthy fa precipitare Capitol Hill nell’incertezza. In questa situazione inedita, l’agenda legislativa resterà infatti paralizzata fino alla nomina di un nuovo speaker, in un momento in cui per la Casa Bianca è particolarmente urgente far approvare la legge di bilancio per evitare il cosiddetto shutdown, ovvero la sospensione finanziaria del Governo. Un’ipotesi forse remota, ma che di sicuro farebbe gola a Trump in vista delle presidenziali del prossimo anno.