di Margherita Furlan
La candidata democratica in pectore alla Casa Bianca Kamala Harris ha tenuto il suo primo comizio elettorale a Milwaukee, Wisconsin, dove ha illustrato la sua visione presidenziale ai sostenitori. Harris ha sottolineato l’importanza dello stato di diritto, il suo passato da procuratrice – in contrapposizione alle vicende giudiziarie di Donald Trump -, la necessità di ricostruire la classe media come di lottare per i diritti riproduttivi e a favore dell’aborto.
Un sondaggio Ipsos-Reuters afferma che Harris staccherebbe Trump di due punti percentuali nelle preferenze di voto a livello nazionale. Tra gli intervistati però fra gli elettori registrati, 426 risultano essere democratici, 376 repubblicani e 341 indipendenti. Quello che è certo invece è che la campagna di Kamala Harris funziona. Dall’annuncio della corsa a martedì sera sono stati raccolti, secondo il Guardian, 126 milioni di dollari.
Parallelamente, Donald Trump ha affermato di essere disposto a tenere più di un dibattito con Harris prima del voto. Secondo Politico il primo incontro tra Donald Trump e Kamala Harris si dovrebbe tenere il 10 Settembre sul network televisivo ABC News. Nel frattempo, i membri della campagna elettorale di Trump hanno presentato ricorso alla commissione per le elezioni federali contro il trasferimento dei fondi dal comitato elettorale di Joe Biden a quello della sua vicepresidente.
Questa sera il presidente Usa Biden – di ritorno alla Casa Bianca – terrà il discorso alla nazione per spiegare i motivi del suo ritiro dalla corsa alla rielezione mentre il premier israeliano Benjamin Netanyahu parlerà al Congresso degli Stati Uniti, nove anni dopo l’ultima volta. Netanyahu incontrerà Biden e Harris separatamente domani, mentre il faccia a faccia con Trump nella sua residenza di Mar-a-Lago avverrà venerdì. Il viaggio è, per il primo ministro israeliano, l’occasione per cercare supporto e fare il punto sulle relazioni bilaterali tra i due Paesi, in particolare dopo le tensioni sulla guerra a Gaza. Ma non sarà facile, perché troverà un Paese focalizzato sugli sviluppi della campagna elettorale. Inoltre, ad attendere Netanyahu ci saranno migliaia di manifestanti filo-palestinesi che protesteranno come in una “giornata di rabbia” palestinese per la guerra a Gaza.
Oltre trenta gli scranni dem del Congresso vuoti, tra cui quelli di Nancy Pelosi e di Kamala Harris, presidente del Senato, ufficialmente assente per impegni elettorali. Anche la frusta della maggioranza dem al Senato, Dick Durbin, ha annunciato che diserterà il discorso in una dichiarazione in cui afferma che la guerra a Gaza sotto la direzione di Netanyahu «è una strategia brutale che va oltre un livello accettabile di autodifesa. Io starò al fianco di Israele ma non applaudirò all’attuale primo ministro al Congresso». Lo speaker della Camera, il repubblicano Mike Johnson, ha definito «inconcepibile” l’assenza della Harris, ma anche JD Vance non assisterà oggi al discorso di Benjamin Netanyahu, anch’egli per impegni elettorali, seppure “solidamente schierato con il popolo di Israele nella lotta per difendere la propria patria, sradicare la minaccia terroristica e riportare a casa i cittadini tenuti in ostaggio».
Capitol Hill è blindata. Migliaia i manifestanti che gridano slogan contro Bibi «criminale di guerra», contro il «genocidio» e a favore della Palestina libera. Una folla enorme con cartelli, striscioni, fischietti, megafoni e bandiere palestinesi. Il benvenuto a Netanyahu è dunque servito, mentre il conduttore della ABC sostiene in diretta televisiva che il governo degli Stati Uniti ha tentato di uccidere il presidente Trump. La tensione è alle stelle. E forse nemmeno quelle disegnate nella bandiera non sono più sufficienti a garantire l’equilibrio della politica e della società.