di Fabio Belli
“Entreremo a Rafah ed elimineremo lì i battaglioni di Hamas, con o senza accordo sugli ostaggi per ottenere la vittoria totale”.
Queste le parole del premier israeliano, Benjamin Netanyahu, secondo il quale l’idea di fermare la guerra prima di raggiungere tutti i suoi obiettivi sarebbe fuori discussione.
“Oggi ho incontrato i rappresentanti delle famiglie delle vittime e dei rapiti e ho detto loro che svolgeremo compiti militari. Evacueremo la popolazione civile per concentrarci sui terroristi, come abbiamo fatto finora. Entreremo a Rafah perché non abbiamo scelta. Distruggeremo i restanti battaglioni di Hamas e raggiungeremo tutti gli obiettivi della guerra, compreso il ritorno di tutti i nostri rapiti”, ha detto il premier israeliano.
Precedentemente, il capo di stato maggiore dell’esercito, Herzi Halevi, aveva riferito l’approvazione di piani finali per l’invasione graduale di Rafah e dei campi profughi nella parte centrale di Gaza nelle prossime 72 ore.
Ma la guerra non è solo una questione mediorientale. Secondo quanto afferma il Wall Street Journal, prepararsi per una “guerra con l’intera coalizione” è di nuovo una priorità dell’alleanza che dunque mirerebbe a “preparare gli alleati a combattere fianco a fianco”, chiarisce il quotidiano citando la la grande esercitazione Steadfast Defender in svolgimento da febbraio a maggio in Europa. Un’esercitazione che, non a caso, il segretario del Consiglio di sicurezza russo Nikolai Patrushev aveva definito un’elaborazione di uno scenario di uno scontro armato con la Russia.
Intanto la Polonia si porta avanti col lavoro. Il capo di Stato Maggiore, Wieczyslaw Kukula, ha reso noto l’aumento dei riservisti da 20.000 a 150.000. La motivazione sarebbe dovuta a causa dell’imminente inizio di combattimenti “sanguinosi e prolungati” senza specificare chi sarebbe il nemico. Tuttavia, è opinione sempre più diffusa da parte della classe politica polacca che l’exclave di Kaliningrad sia un’ingiustizia, nonché le presunte minacce provenienti dalla Bielorussia.