di Elisa Angelone
“L’amministrazione Biden tenta di contrastare le ambizioni cinesi nei Caraibi” – così titola un nuovo articolo del WSJ uscito ieri, 20 giugno, e ripreso dall’intera stampa mainstream.
Anche dopo che la scorsa settimana la notizia di un presunto progetto di una base spionistica cinese a Cuba è stata smentita sia da Pechino che da L’Avana, Washington sembra non poter fare a meno di vedere la “minaccia cinese” nel proprio cortile di casa.
Secondo la stampa statunitense, infatti, Cina e Cuba sarebbero in trattative avanzate per la costruzione di una struttura sull’isola caraibica presso cui addestrare congiuntamente i propri militari. Questa nuova struttura andrebbe ad aggiungersi a quelle che, secondo i funzionari statunitensi, sarebbero altre 4 stazioni di spionaggio cinesi sull’isola e porrebbe le basi per lo stazionamento permanente di truppe cinesi alle porte di casa degli USA. Per Washington, il nuovo presunto progetto sino-cubano sarebbe frutto della volontà di Pechino di espandere a livello globale la propria rete militare e di intelligence, tanto che, sempre secondo il quotidiano statunitense, analoghe strutture cinesi di addestramento e spionaggio sarebbero previste anche in altri paesi, tra cui Cambogia ed Emirati Arabi.
Mentre la Casa Bianca si dichiara preoccupata e afferma di essere in contatto con L’Avana per impedire l’accordo, da Pechino il ministero degli Esteri fa sapere di non essere a conoscenza della questione, auspicando che “le parti interessate concentrino il loro tempo e i loro sforzi su ciò che favorisce la fiducia reciproca e la pace”. Se la visita di Blinken in Cina non ha portato a grandi progressi in questo senso, la recente uscita di Joe Biden, che durante un comizio ha definito Xi Jinping un “dittatore”, rischia ora di inibire del tutto il dialogo ormai esiguo fra le due potenze.