di Margherita Furlan ed Elisa Angelone
Le autorità israeliane hanno accolto lunedì 17 aprile Reza Pahlavi, figlio maggiore ed erede dell’ultimo scià di Persia, deposto in seguito alla Rivoluzione Islamica del 1979.
Il principe ereditario iraniano, residente negli Stati Uniti, si propone come portavoce di un Iran “liberaldemocratico” che, a suo dire, “stabilizzerebbe la regione” ed “eliminerebbe tutte le attuali minacce attribuite alla Repubblica Islamica, compresa quella nucleare”. Pahlavi non ha mai nascosto il favore a un cambio di regime in Iran e sta evidentemente cercando in questo processo un ruolo da protagonista.Con ciò si spiega la calorosa accoglienza riservata a Pahlavi dalle autorità israeliane, che hanno accompagnato l’ospite presso il Muro del Pianto a Gerusalemme e alla cerimonia in occasione della Giornata della memoria, dove il principe ereditario ha reso omaggio alle vittime della Shoah, ricordando poi il “legame biblico” che lega Israele all’Iran.
D’altra parte, Tel Aviv ha tutto l’interesse ad accogliere il “messaggio di amicizia” di Pahlavi e a supportare la causa statunitense poiché ciò implicherebbe il rovesciamento dell’attuale governo iraniano e, con esso, degli equilibri che vanno attualmente spostandosi in senso contrario ai piani dell’attuale governo di Israele.
La provocazione non è rimasta senza risposta. Ieri, infatti, durante la parata in occasione della Giornata nazionale dell’esercito, a Teheran è stato fatto sfilare, tra i vari mezzi militari, anche un nuovo drone che pare possa avere sia funzioni di ricognizione che d’attacco. Il tutto è stato accompagnato da un discorso del presidente iraniano Raisi che non solo ha invitato “le forze extraregionali e statunitensi” a lasciare il Medio Oriente in quanto “minaccia alla sicurezza regionale”, ma ha anche minacciato di distruggere Haifa e Tel Aviv in risposta alla “minima azione” intrapresa da Israele contro la Repubblica Islamica.