di Jeff Hoffman
È di oltre 300 persone ferite e 85 morti il bilancio di quanto accaduto in una scuola del quartiere Bab al-Yemen, nella capitale Sana’a.
Diverse migliaia di persone si sono raggruppate in occasione della vigilia del Eid al-Fitr, la festa in cui si celebra la fine del mese di digiuno del Ramadan. L’organizzazione locale di commercianti aveva organizzato la distribuzione di cibo e denaro, circa 8 dollari a testa, per la popolazione più bisognosa.
Al momento in cui nell’impervia stradina laterale è stato aperto il cancello della scuola, la folla si è riversata verso la scalinata creando il panico, che è aumentato quando i soldati addetti alla distribuzione hanno sparato dei colpi di pistola verso l’alto nel tentativo di fermare o rallentare la folla.
Stando a quanto riferito dal capo del Comitato rivoluzionario supremo degli Houthi, Mohamed Ali al-Huthi, la calca è stata generata dal sovraffollamento in un luogo angusto.
La realtà, in ogni caso, è che sugli schermi mediatici di questo mondo libero la guerra nello Yemen, voluta dal premio nobel per la pace Barak Obama, non è praticamente mai apparsa.
A restare nascoste sin dall’inizio del conflitto, sia le motivazioni sia l’usuale coinvolgimento dell’Italia, dai cui porti salpavano con militaresca regolarità le enormi navi cargo statunitensi della società marittima Global Logistics che, per anni, hanno trasportato munizioni e carri armati destinati allo sterminio della popolazione sciita dello Yemen.
Il capo politico dei ribelli houthi al potere, Mahdi al-Mashat, ha dichiarato che per l’incidente alla scuola è stata formata una commissione per le indagini. Un funzionario anonimo della sicurezza houthi ha dichiarato che tre persone sono state arrestate, compreso i due commercianti responsabili dell’organizzazione.
Nel frattempo, il Segretario Generale della NATO, Jens Stoltenberg, ha fatto sapere che il blocco atlantico a rappresentanza del mondo civile e democratico ha inviato al regime di Kiev 55 miliardi di dollari in assistenza militare.
Per lo Yemen, invece, censura a tutto campo.