di Jeff Hoffman
L’ordine è forte e chiaro: aumentare le spese militari almeno fino al 2% del PIL come base minima. Volenti o nolenti, però, le province europee controllate da Washington non riescono a obbedire.
Delle colonie statunitensi del Vecchio Continente, soltanto 6 hanno raggiunto il 2% richiesto da oltre oceano. Ad aggiungersi al gruppo dei più obbedienti nel 2022 è la Lituania, certificando che di tutta la cosiddetta Alleanza atlantica a spendere quanto richiesto dai padroni del discorso sono soltanto gli Stati Uniti, Gran Bretagna, Polonia, Grecia, Estonia e Lettonia e, adesso, la Lituania.
Il problema, a quanto pare, è la disperata situazione economica a cui si aggiunge, scrivono gli esperti, l’incapacità dell’apparato militare di aumentare rapidamente la produzione di armi e di proiettili. Nonostante la scrosciante cascata di denaro riversato sull’industria di armi, la produzione infatti non riesce a stare al passo con la domanda avanzata da Zelensky con il benestare di Washington.
La Germania aveva annunciato in pompa magna lo stanziamento di 100 miliardi di euro per il riarmo dell’esercito ma, spiegano gli economisti, metà di questa cifra sarà letteralmente divorata dall’inflazione, mentre gli attesi F-35 ordinati a Washington nel marzo 2022 e costati a Berlino intorno a 8 miliardi di euro, arriveranno nel 2026.
Tuttavia, se ad incepparsi potrebbe essere la catena di montaggio, ciò che invece sta funzionando alla perfezione è il mercato illegale di armi per gli eserciti di terroristi e mafiosi sia in Europa che in Africa.
In contrapposizione alla Nuova Via della Seta, si direbbe, è la nuova via delle armi che, con il beneplacito di Washington, da quel di Kiev si riversa su Kosovo e Albania, e sul Sahel passando dai centri nevralgici delle mafie internazionali, ‘ndrangheta in prima linea. Punto di partenza il porto di Odessa da dove, oltre al grano parte, partono ingenti carichi di armi. A garantire il funzionamento ci pensa il livello di corruzione ucraino, ben noto anche a Washington.