di Gionata Chatillard
Continuano le scaramucce navali fra Pechino e Manila nelle acque contese del Sud-est asiatico. Nelle ultime ore, il Governo filippino ha convocato l’ambasciatore cinese accusando la Repubblica Popolare di aver causato “gravi danni” a una delle sue imbarcazioni, contro la quale sarebbero stati usati idranti per impedirne il movimento. Un modus operandi che, secondo Manila, è ormai diventato una prassi per la Guardia Costiera cinese, che starebbe usando questo metodo per fermare navi civili cariche di rifornimenti destinati non solo a truppe, ma anche a pescatori.
Diversa è la versione di Pechino, che assicura invece che le imbarcazioni filippine intendevano cercare “deliberatamente” una collisione dopo aver ignorato gli avvertimenti lanciati dagli ufficiali della Repubblica Popolare. La verità è che da quando Ferdinand Marcos Jr è arrivato al potere a Manila, le relazioni fra i due paesi sono drasticamente peggiorate. Da un anno a questa parte, infatti, le Filippine hanno iniziato ad avvicinarsi agli Stati Uniti. In parallelo, gli incidenti navali nelle acque del Mar Cinese Meridionale sono aumentati di numero e di gravità. E per chiarire ogni dubbio, la Casa Bianca ha già fatto sapere che, in caso di conflitto, prenderà le parti di Manila.
Il tutto mentre poco più a ovest, nella base navale cambogiana di Ream, hanno appena attraccato diverse navi da guerra cinesi, le prime a raggiungere questa nuova struttura costruita dal Governo di Phnom Penh proprio con l’aiuto di Pechino. Qui gli Eserciti dei due paesi dovrebbero far partire esercitazioni militari congiunte, riguardo alle quali Washington ha già espresso più volte la propria contrarietà. Soprattutto dopo che il Governo cambogiano negò a un inviato statunitense il pieno accesso alla struttura in questione. La Casa Bianca accusò allora il paese asiatico di non essere trasparente riguardo agli accordi stipulati con la Cina. Da lì a decretare le sanzioni di turno contro Phnom Penh, il passo era poi stato breve. Anche perché, in realtà, il rinnovamento della base di Ream voleva portarlo a compimento Washington, che se l’è invece visto sfilare qualche mese fa proprio da Pechino, capace evidentemente di mettere sul tavolo un’offerta più appetibile per il Governo cambogiano.