di Gionata Chatillard
Continua a traballare il Venezuela, dove sono già oltre 1.000 le persone arrestate dallo svolgimento delle elezioni di domenica scorsa. L’opposizione, che denuncia brogli e non riconosce la vittoria di Nicolás Maduro, ha invitato i cittadini alla protesta, accusando il Governo di “aver optato per la repressione, la violenza e la menzogna”.
Nonostante gli scontri abbiano portato a un bilancio provvisorio di almeno 13 civili deceduti, il Governo di Caracas assicura che la “pace” è stata ristabilita. Maduro stesso ha voluto ringraziare le forze dell’ordine per aver affrontato con successo quelli che, secondo il presidente venezuelano, sarebbero criminali pagati, drogati, e addestrati secondo un copione preparato dagli Stati Uniti d’America e dalla destra globale”.
Il tempo dirà se la calma sia effettivamente tornata fra le strade del paese sudamericano, dove l’opposizione non accenna comunque a darsi per vinta, assicurando invece che il candidato della Piattaforma Unitaria Democratica, Edmundo González Urrutia, avrebbe in realtà ottenuto il 60% dei voti. Maduro ha subito risposto dicendo di essere pronto a presentare al pubblico i verbali delle elezioni. Una questione che è finita anche sul tavolo del Consiglio Permanente dell’Organizzazione degli Stati Americani, che si è però spaccato sulla risoluzione presentata da Stati Uniti, Argentina, Uruguay e Paraguay, che pretendevano di obbligare Caracas a tirare fuori i registri elettorali. Diciassette i voti a favore e 5 quelli contrari, a cui si sommano 11 astensioni. Il segretario generale dell’organismo panamericano, Luis Almagro, ha comunque annunciato che chiederà alla Corte Penale Internazionale di ordinare l’arresto di Maduro per aver commesso un presunto “massacro”.
A salvare Maduro da un severo isolamento regionale sono stati Messico, Brasile e Colombia, mentre altri paesi come Argentina, Cile, Costa Rica, Perù, Panama, Repubblica Dominicana e Uruguay sono ormai in rotta di collisione totale con Caracas, che infatti ha già decretato l’espulsione dei diplomatici meno graditi. In cima alla lista ci sono quelli inviati dall’Argentina, con cui il Venezuela ha interrotto le relazioni formali. Ma fra i critici più intransigenti nei confronti di Maduro ci sono anche Elon Musk -che come suo solito ha detto di voler sfidare a duello il rivale di turno- e la neo-parlamentare europea Carola Rackete, subito allineata alla posizione statunitense.
Dal canto suo, il presidente venezuelano dice di voler tirare dritto. “Intendiamo continuare sulla strada tracciata da Hugo Chávez, ma se l’imperialismo nordamericano e i criminali fascisti ci costringono, di certo non mi tremerà il polso per chiamare il popolo a una nuova rivoluzione”, ha dichiarato Maduro, annunciando anche la creazione di una commissione speciale per indagare su un massiccio cyberattacco di cui sarebbe stato oggetto il sistema informatico del Consiglio Elettorale Nazionale proprio nella giornata delle presidenziali. Per metterla in piedi, il presidente venezuelano ha già annunciato di voler chiedere aiuto a Mosca e Pechino, fra le prime capitali a congratularsi con Maduro per la “vittoria”.02