di Jeff Hoffman
Negli ultimi dieci giorni Kabul ha venduto 130.000 tonnellate di petrolio greggio estratto dal bacino dell’Amu Darya per 71,6 milioni di dollari. Altre 20.000 tonnellate di petrolio verranno messe all’asta la prossima domenica.
A un anno dalla firma del contratto fra le autorità afghane e la cinese Xinjiang Central Asia Petroleum and Gas, che ha speso finora 49 dei 540 milioni promessi nel triennio, il governo afghano ha potuto creare profitti dalle risorse energetiche invece che dalle piantagioni di oppio.
“Non c’è dubbio che la Cina voglia proiettare il suo potere sull’Asia centrale per sviluppare la nuova via della seta”, ha fatto capire Thomas West, il rappresentante speciale degli Stati Uniti per l’Afghanistan.
Da parte sua, il governo degli Stati Uniti sembrerebbe più preoccupato di perdere l’uso dell’aeroporto di Bagram, a nord di Kabul, che il suo esercito ha utilizzato come base principale durante la guerra in Afghanistan e che, secondo molti analisti, veniva adoperato per l’esportazione di oppio e eroina.
Stando alle dichiarazioni ufficiali di Washington, che formalmente dona 2 miliardi l’anno a Kabul, il governo Biden “non ritiene l’Afghanistan come un luogo in cui dover competere con i cinesi e i russi”.
Il dato di fatto è che la Central Asia Petroleum and Gas Company ha firmato con l’Afghanistan un contratto di 25 anni volto ad aumentare la produzione giornaliera di petrolio greggio a oltre 1.100 tonnellate, 8.000 barili al giorno, dato che, vista la disponibilità dell’intero bacino dell’Amu Darya, potrebbe facilmente aumentare.
Il sito contiene 962 milioni di barili di petrolio greggio e 52.025 miliardi di piedi cubi di gas naturale. Non a caso i cinesi prevedono di scavare altri 22 pozzi con l’obiettivo di aumentare la produzione giornaliera di oltre 2.000 tonnellate.
Dal fronte del Vecchio Continente, guarda caso, l’Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze ha avvertito che l’UE dovrebbe prepararsi alle conseguenze di una futura carenza di eroina, a seguito della repressione dell’oppio da parte dei talebani. Come dire, in poche parole, che il problema va rapidamente risolto perché i nuovi oppioidi sintetici uccidono rapidamente ma non producono profitti.
Nel 2022 il governo afghano ha annunciato il divieto di coltivazione dell’oppio, cresciuto a dismisura durante l’invasione militare degli Stati Uniti diventando così un pilastro dell’economia afghana ai tempi della NATO.
L’Ufficio delle Nazioni Unite contro la droga e il crimine stima, speriamo con piacere, che ci sia stato un calo del 95% della produzione di oppio.
Dalla vecchia via della droga alla Nuova Via della Seta e del petrolio?