di Gionata Chatillard
Alla fine, è stata più una foto che altro. L’attesissimo faccia a faccia fra Joe Biden e Xi Jinping, il primo da un anno a questa parte, si è risolto con una manciata di accordi su questioni tutto sommato secondarie. La parte più rilevante dell’incontro è stata quindi l’incontro stesso, come importante segnale di distensione e di apertura in un momento in cui le relazioni fra i due paesi sembravano aver toccato il fondo.
Il dialogo fra il presidente degli Stati Uniti e quello cinese, durato più di 4 ore, è avvenuto a margine del vertice della Cooperazione Economica Asia-Pacifico svoltosi ieri a San Francisco. Principale risultato dell’incontro è stata la decisione di ristabilire ufficialmente le comunicazioni fra i due paesi a livello militare. Biden e Xi hanno inoltre raggiunto un accordo di collaborazione nella lotta al narcotraffico, si sono impegnati ad avviare un dialogo sui pericoli dell’Intelligenza Artificiale e hanno annunciato una collaborazione sulla questione climatica e l’Agenda 2030. Quanto basta affinché l’inquilino della Casa Bianca abbia potuto definire il faccia a faccia di ieri come il più produttivo mai avuto con il presidente cinese.
Tuttavia, se di disgelo si è trattato, la riappacificazione non ha in ogni caso toccato le questioni fondamentali che separano le due potenze. Nessun progresso, per esempio, è stato fatto su Taiwan. Xi ha rassicurato Biden dicendo che Pechino non si sta preparando a invadere l’isola, ma ha anche detto che la riunificazione sarà comunque inevitabile. Allo stesso modo, non si sono registrati passi in avanti neanche sulla questione delle sanzioni, con il presidente cinese più che mai convinto che le restrizioni imposte da Washington siano una mossa per “soffocare il progresso tecnologico della Repubblica Popolare privando il suo popolo del diritto allo sviluppo”. Infine, sui fondamentali dossier relativi alla Russia, all’Iran e al conflitto israelo-palestinese poco o nulla è trapelato, forse proprio per l’impossibilità di trovare posizioni comuni.
A confermare che le cose fra Washington e Pechino non siano un granché cambiate ci ha poi pensato lo stesso Biden in conferenza stampa. Poche ore dopo il suo incontro con Xi, il presidente degli Stati Uniti ha nuovamente definito il suo omologo come un “dittatore”, provocando l’immediata reazione del Governo cinese, che ha risposto parlando di “manipolazione politica”.
Più che di una pace, quella di San Francisco sembra dunque essere stata una tregua. O, nella migliore delle ipotesi, una pace più armata che mai.