di Fabio Belli
È una vicenda che ha dell’assurdo quella che riguarda Mansour Doghmosh, uno dei tre palestinesi arrestati a marzo con l’accusa di associazione finalizzata al terrorismo internazionale dalla polizia all’Aquila.
Il giudice aveva disposto sei mesi di carcere poi, dopo l’udienza del Riesame di alcuni giorni fa disposta dalla Cassazione, Mansour, accusato di pianificare atti di terrorismo contro Israele in Cisgiordania, è stato trasferito nel Centro di Permanenza e Rimpatrio di Ponte Galeria alle porte di Roma, dove potrebbe rimanere detenuto per un altro anno.
Reo di aver instaurato una collaborazione con le Brigate Tulkarem, parte delle Brigate dei martiri di Al-Aqsa, organizzazione che l’Unione europea riconosce come terroristica, Mansour Doghmosh è virtualmente soggetto al rifiuto della protezione internazionale.
In altre parole il rischio è quello di un rimpatrio in Palestina, dove da 11 mesi si sta consumando un genocidio nel quale almeno 40mila palestinesi sono stati uccisi e dove un’ipotetica detenzione per motivi politici in un carcere israeliano potrebbe sottoporlo a torture e trattamenti inumani e degradanti per stessa ammissione della Corte d’Appello dell’Aquila.