di Gionata Chatillard
“Un piano terroristico organizzato e finanziato dagli Stati Uniti”. A questo progetto avrebbe lavorato Ardenys García Álvarez, arrestato lo scorso dicembre a Cuba dopo essere sbarcato illegalmente nel paese con armi da fuoco e munizioni. A sostenerlo è il Ministero degli Interni del paese caraibico, dopo 7 mesi di indagini su quello che oggi viene ritenuto come il “principale esecutore” di un piano che intendeva reclutare volontari per destabilizzare l’isola con “azioni violente”.
García Álvarez, cittadino cubano di 40 anni, era emigrato illegalmente negli Stati Uniti nel 2014, dopo essere stato sanzionato per diversi reati, che spaziavano dai furti a mano armata alla speculazione. Secondo il resoconto del Governo dell’Avana, a fine 2023 sarebbe rientrato in patria con una moto d’acqua carica d’armi. L’imputato avrebbe in seguito riconosciuto di aver stabilito contatti con diversi complici, con i quali si sarebbe anche addestrato in poligoni di tiro.
Obiettivo del gruppo sarebbe stato quello di ricorrere alla violenza per provocare un cambio di regime a L’Avana. Per farlo, i soci di García Álvarez avrebbero infatti puntato sulla lotta armata. Non per niente, uno di loro era già stato accusato in precedenza di aver pianificato attacchi contro policlinici, scuole e addirittura asili nido. Questa volta, però, sembra che il piano prevedesse direttamente l’assalto di una caserma militare.
Quanto successo non è certo un caso isolato, né una novità per il Governo cubano, abituato da decenni a difendersi dalle ingerenze dell’ingombrante vicino statunitense. Lo scorso dicembre, la nazione latinoamericana ha pubblicato per la prima volta una Lista Nazionale dei Terroristi, che comprende diverse decine di persone e organizzazioni che operano dall’estero. La maggior parte di loro, neanche a dirlo, proviene proprio dagli Stati Uniti.