di Elisa Angelone
La popolarità della Cina a livello internazionale sembra crescere di giorno in giorno e con essa si stanno rimodellando intere alleanze al punto che ad oggi quasi nulla può più essere dato per scontato.
Protagonista di questi epocali cambiamenti nell’ultimo periodo è Riyad, che non solo sta ripristinando i legami con Teheran e Damasco, ma si sta avvicinando anche a Pechino.
E’ della scorsa domenica 26 marzo la notizia di un accordo stipulato tra Saudi Aramco, la più grande compagnia petrolifera del mondo, e due gruppi industriali cinesi per la costruzione di una raffineria e di un complesso petrolchimico nel nord-est della Cina. Un progetto da ben 12 miliardi di dollari che verrà avviato nel secondo trimestre di quest’anno per poi entrare pienamente in funzione nel 2026 con l’obiettivo di soddisfare la crescente domanda di energia e prodotti chimici del gigante asiatico.
Si prevede che la futura raffineria di petrolio produrrà circa 300.000 barili al giorno, mentre l’impianto petrolchimico produrrà 1,65 tonnellate di etilene e 2 milioni di tonnellate di paraxilene. Il tutto sarà gestito dalla nuova joint venture appena costituitasi e che prende il nome di HAPCO. Aramco, che detiene il 30% del progetto, fornirà al complesso oltre 200.000 barili di greggio al giorno. I vertici del colosso petrolifero saudita si dicono infatti interessati alla sicurezza e allo sviluppo energetico a lungo termine della Cina, tanto da aver già firmato -come ricorda Reuters- altri accordi di investimento per progetti in altre province cinesi.
Parallelamente, Pechino ottiene nuovi successi anche dall’altra parte del mondo, in Centro America. E’ sempre della scorsa domenica, infatti, la notizia secondo cui l’Honduras avrebbe ufficialmente interrotto le relazioni diplomatiche con Taiwan. Una conseguenza inevitabile della decisione del governo honduregno, annunciata a metà marzo, di avviare ufficialmente rapporti con la Cina e di riconoscere Pechino come “il solo governo legittimo”. Anche l’Honduras, quindi, aderisce al principio di “una sola Cina”, rompendo di conseguenza i contatti con Taipei che rimane ora con solo 13 alleati.