di Jeff Hoffman
Escludendo i circa 5 milioni di cittadini che hanno preferito votare online, il 74,22% degli elettori russi si è recato alle urne in patria come nei seggi predisposti all’estero.
A fronte dell’87,33% dei voti ottenuti dal presidente Vladimir Vladimirovič Putin, il maggiore oppositore del partito comunista, Nikolai Kharitonov si è fermato al 4,30% mentre Vladislav Davankov del partito “Gente Nuova” si è accontentato del 3,81% e, ultimo arrivato nella corsa elettorale, Leonid Slutsky che ha preso il 3,20% dei voti.
Per quanto riguarda le nuove regioni della Federazione Russa, Putin ha ottenuto il 95,23% delle preferenze nella regione di Donetsk, il 94,12% a Lugansk, mentre a Kherson Putin ha ottenuto l’88% e, nella regione di Zaporozhye, oltre il 93%.
Le prime congratulazioni sono arrivate da levante dal presidente nord coreano Kim Jong-un e dal presidente cinese, Xi Jinping. Per il leader di Pechino la rielezione di Putin a presidente della Federazione Russa riflette pienamente il sostegno del popolo del Paese.
“Nessuna irregolarità è stata segnalata dai 1.115 osservatori internazionali provenienti da oltre 129 paesi e accreditati dalla Commissione Elettorale, a cui si sono aggiunti 185 esperti internazionali che, su invito della Camera, hanno seguito l’intero processo elettorale”, lo ha dichiarato il presidente della Commissione elettorale Ella Pamfilova che ha tuttavia fatto sapere del verificarsi di oltre 12.500 attacchi informatici al giorno, oltre a 4 gravi tentativi di hackeraggio del sito web della Commissione elettorale. Il capo della società Rostelecom, Mikhail Oseevskij, ha infatti dichiarato che le tre giornate di voto si sono svolte in un contesto di guerra informatica con attacchi diretti contro amministrazioni locali e nazionali.
“L’ingerenza esterna nelle elezioni presidenziali russe è stata potente e senza precedenti, ma i nemici della Russia non hanno avuto successo”, ha felicemente dichiarato il presidente del Consiglio della Federazione russa, Michail Mishustin.
Da oltre confine, Enrique Dominguez, consigliere per le relazioni internazionali della presidenza del Forum municipale internazionale BRICS plus ha dichiarato che le capacità organizzative delle elezioni russe sono interessanti anche per gli altri paesi del blocco.
Ma se in tutte le regioni russe l’election day è stato come un giorno di festa, di opinione opposta sono i commenti dei maggiori quotidiani internazionali. Nell’usuale competizione per la falsificazione della realtà sembra primeggiare il Washington Post che, penna alla mano, ha scritto nero su bianco che “i russi protestano contro l’eterno governo di Putin, facendo lunghe file ai seggi elettorali”. “Elezioni né libere né giuste”, si è affrettato a dichiarare Joe Biden dalla Casa Bianca, a cui ha fatto subito eco il presidente polacco secondo cui “le elezioni presidenziali Russe non sono legali, libere ed eque”.
Le stesse identiche parole ripetute rispettivamente dal ministro degli Esteri inglese e dal suo corrispettivo tedesco, a conferma che “gli ordini sono ordini e vanno eseguiti”.
Per ultimo ma non per importanza in termini di obbedienza è intervenuto il ministro degli Esteri nostrano, Antonio Tajani, che proprio come tutti gli altri ha ribadito che le elezioni in Russia non sarebbero né libere né regolari.
Le proteste ci sono state ma più all’estero che in Russia, ha candidamente ammesso il quotidiano il Corriere. “Migliaia di russi si uniscono alla protesta di mezzogiorno contro Putin”, ha titolato l’agenzia Reuters mostrando a riprova l’immagine degli elettori russi residenti all’estero in coda per dare il loro voto. Tuttavia, nonostante la propaganda russofoba, nel fu Belpaese hanno partecipato alle elezioni più di 4.500 cittadini russi e a Roma il 61,73% degli elettori ha votato per Putin, a Milano il 51,65%, mentre a Genova e a Palermo il capo del Cremlino ha ottenuto rispettivamente il 70,86% e il 73,47% dei voti.
Rispondendo ai giornalisti sulle scomposte reazioni occidentali alla sua rielezione il presidente Vladimir Putin ha semplicemente dichiarato che era prevedibile. “Cos’altro potevano fare? Alzarsi in piedi e applaudire?”
La Russofobia è una costante degli ultimi 5 secoli, scriveva il giornalista e politologo Giulietto Chiesa.
E le provocazioni continuano.