di Fabio Belli
Il presidente del Brasile, Luiz Inacio Lula da Silva, ha espresso una “crescente preoccupazione” per le tensioni sul territorio dell’Esequibo.
Lula, in un colloquio con il suo omologo venezuelano, Nicolàs Maduro, avvenuto sabato 9 dicembre, ha lanciato un appello al dialogo, proponendo come interlocutore per Guyana e Venezuela il presidente di turno della Comunità dei Paesi dell’America latina e dei Caraibi, nonché primo ministro di Saint Vincent e Grenadine, Ralph Gonsalves. Una proposta che sembra aver attivato i canali diplomatici fra Caracas e Georgetown visto che, grazie proprio a Gonsalves, il prossimo 14 dicembre è previsto un incontro tra il presidente venezuelano e la controparte guyanese.
La conversazione tra Maduro e Lula fa seguito al referendum consultivo che ha sancito il mandato della popolazione dell’Esequibo di essere annessa al Venezuela; ma soprattutto alle crescenti tensioni, culminate con l’invio di truppe al confine da parte di Caracas e con lo schieramento di 16 carri armati brasiliani alla frontiera. Nell’impugnare il risultato referendario, Maduro ha anche concesso un ultimatum di tre mesi alla statunitense Exxon Mobil, alla francese TotalEnergies e ad altre imprese straniere per interrompere le attività di esplorazione e sfruttamento dei giacimenti di petrolio.
La zona contesa, una ampia fascia di terra tra il fiume Esequibo e l’attuale confine orientale del Venezuela, risale al 1899 quando da un tribunale arbitrale a Parigi fu assegnato alla Guyana, ancora colonia britannica. Nel 1966 un accordo siglato a Ginevra con il Regno Unito, annullò la decisione precedente, ponendo le basi per una soluzione negoziata mai avvenuta sebbene nel 2018 la questione sia passata nelle mani della Corte internazionale di giustizia che però ancora non si è pronunciata.