di Fabio Belli
Le principali aziende tedesche stanno abbandonando la madrepatria a causa della recessione incontrollata nella ormai sgangherata locomotiva d’Europa.
È quanto afferma e analizza un lungo articolo del sito web Politico dedicato alla crisi che attanaglia la Germania, paese con una disoccupazione in costante aumento e che solo nel mese di maggio ha visto un calo drastico delle ordinazioni pari al 10%. Anche gli investimenti non vanno bene in terra teutonica, crollati nel 2022 per il quinto anno consecutivo, toccando il punto più basso dal 2013.
E se le quotazioni dell’economia tedesca, e del Vecchio Continente, sembrano destinate ad un inesorabile calo, a farla da padrone dovrebbe essere la Cina. Tuttavia tale assioma è vero solo in parte.
Se da un lato le monarchie del Golfo guardano sempre più a Oriente, dall’Africa l’idillio di Pechino come grande investitore nelle economie più fragili potrebbe vacillare. Lo Zambia ha infatti deciso di cancellare, per gli elevati costi e per l’impatto idrogeologico, un progetto per la costruzione di una diga affidato a una società cinese. l’Uganda ha invece affidato la costruzione a un’azienda turca ritenuta più affidabile di quella cinese inizialmente scelta.
Le banche cinesi, inoltre, già in crisi per la scarsa domanda di credito nel loro paese, non sarebbero nella condizione di chiudere un occhio sulle difficoltà dei governi africani, loro principali creditori. Si stima che la Cina abbia prestato quasi mille miliardi di dollari a circa 150 Paesi in via di sviluppo, debiti che finora Pechino si è dimostrata riluttante a cancellare.