di Margherita Furlan e Jeff Hoffman
Un massiccio attacco aereo israeliano ha preso di mira nella notte una valle del Libano tra Jouaiyya-Wadi e Jilou-Mahrouna. Nelle stesse ore le forze armate israeliane hanno colpito un accampamento a Khan Younis, nel sud della striscia di Gaza. 40 morti e almeno 60 i feriti gravi. Non soddisfatto, Israele ha contemporaneamente colpito anche la Siria.
Obiettivo principale dell’esercito israeliano è però questa volta la Cisgiordania che negli ultimi dieci giorni ha preso le sembianze della Striscia di Gaza.
L’esercito israeliano si è ritirato da una Jenin distrutta, comunicando che le operazioni militari contro la Cisgiordania proseguiranno. Solo una pausa tattica per poi riprendere la mattanza che l’Occidente collettivo continua a commentare con la tipica ipocrisia degli esportatori di democrazia.
“Israele ha deciso di trasformare la Cisgiordania nella Striscia di Gaza. I metodi operativi sono gli stessi, così come le armi”, si legge sul quotidiano israeliano Haaretz, che riferisce. “Netanyahu annetterà la Striscia di Gaza settentrionale e stabilirà insediamenti per gli israeliani in questa zona”.
D’altronde, durante la conferenza stampa del 3 settembre scorso, Netanyahu aveva presentato una cartina in cui la Cisgiordania appare già assorbita da Israele.
Il grande Israele è pronto e mira a farsi notare alle prossime elezioni statunitensi.
Da Washington, intanto, l’amministrazione Biden-Blinken ha riconfermato l’estensione dell’ordine esecutivo 13848 che dichiara l’interferenza straniera nelle elezioni americane un’emergenza nazionale e una minaccia alla politica estera.