di Fabio Belli
Battaglie prolungate contro Hamas nel nord di Gaza durante la notte sono state riportate dalle forze armate israeliane secondo le quali i propri soldati, presi di mira con missili e ordigni esplosivi, avrebbero reagito con attacchi aerei, artiglieria e bombardamenti di carri armati. L’esercito israeliano avrebbe circondando il territorio di Gaza City da differenti direzioni.
Ma la potenza di fuoco di Tel Aviv ha compiuto ieri, 1 novembre, un nuovo massacro nel campo profughi di Jabaliya, causando almeno 195 morti fra i palestinesi e centinaia di feriti.
Il ministero della Sanità di Gaza ha aggiornato ancora il triste bilancio delle vittime degli attacchi israeliani dal 7 ottobre: 9.061 persone, tra cui 3.760 bambini, sono state uccise e più di 32.000 ferite.
L’emittente iraniana Press TV ha riferito che nelle ultime ore più di 20 missili sarebbero stati lanciati dal Libano verso Israele e che il movimento Hezbollah avrebbe fatto uso per la prima volta di droni per colpire obiettivi israeliani.
Intanto sei aerei sono stati intercettati mentre sorvolavano il territorio dell’Arabia Saudita, decollando da una base navale americana in Bahrain. Secondo esperti militari il compito di queste manovre potrebbe essere quello di distruggere i missili lanciati dallo Yemen. Anche l’Australia sta dispiegando fanteria e forze aeree nel Medio Oriente, lo dichiara il vice Primo Ministro, Richard Marles.
Sul fronte diplomatico il rappresentante russo alle Nazioni Unite, Vassily Nebenzia, ha accusato Washington e i suoi alleati di parlare impropriamente del presunto diritto di Israele all’autodifesa. “In quanto stato occupante, come confermato dalla sentenza consultiva della Corte internazionale dell’ONU nel 2004, è un diritto che Israele non ha”, ha detto Nebenzia nel suo discorso ribadendo che la sicurezza del Paese potrà essere pienamente garantita solo nel caso di una giusta soluzione della questione.
La portavoce degli Esteri russo, Maria Zakharova, ha invece criticato da Mosca l’attuazione del piano israeliano di collocare i palestinesi di Gaza nella penisola egiziana del Sinai. “Avrebbe conseguenze catastrofiche e peggiorerebbe la situazione nella regione”, ha avvertito la portavoce. La Zakharova ha altresì criticato gli appelli di Israele ai suoi cittadini di lasciare il Caucaso settentrionale russo e di astenersi da viaggi nell’area. “Sono appelli diretti contro il nostro Paese e non hanno nulla a che fare con la realtà”, ha concluso la portavoce.
Intanto da oltre oceano si continua a gettare benzina sul fuoco. Durante una discussione sulla questione delle sanzioni ad Hamas, il repubblicano della Florida, Brian Mast, ha paragonato i civili palestinesi ai nazisti. Secondo Mast, veterano di guerra, considerando la situazione nel suo complesso sarebbe improprio parlare di civili palestinesi innocenti. “Non penso che avremmo usato così alla leggera il termine ‘civili nazisti innocenti’’” durante la seconda guerra mondiale”, ha detto.
Sempre dagli Stati Uniti ci pensa il New York Times a stilare le conseguenze economiche della guerra a Gaza.
Per l’economista, Gregory Daco, l’ulteriore inasprimento del conflitto potrebbe portare a una lieve recessione, a un crollo dei prezzi delle azioni e a una perdita di 2mila miliardi di dollari per l’economia mondiale. Inoltre, sempre secondo Daco, lo scenario peggiore, costituito dal diffondersi dei focolai in tutto il Medio Oriente, potrebbe causare un’impennata dei prezzi del petrolio dagli attuali 85 a 150 dollari al barile. Motivo per cui, sempre secondo la pubblicazione della Grande Mela, nessuno degli attori mondiali ha interesse affinché il teatro bellico si allarghi.