di Gionata Chatillard
Il corpo di Hassan Nasrallah è stato recuperato dalle macerie dopo l’attacco israeliano di venerdì scorso, quando un raid aereo ha raso al suolo 4 edifici nella periferia sud di Beirut. Il leader di Hezbollah è solo uno degli oltre 1.600 libanesi che hanno perso la vita nell’ultimo anno a causa delle offensive del Governo di Benjamin Netanyahu.
Nonostante l’enorme valore simbolico dell’uccisione di Nasrallah, che guidava il Partito di Dio dal 1992, Israele non sembra comunque intenzionata ad alzare il piede dall’acceleratore. Anzi, nelle ultime ore gli attacchi aerei si sono addirittura intensificati, prendendo di mira decine di obiettivi e causando nuove vittime. Fra queste, diversi alti funzionari di Hezbollah, il cui comando è stato decimato da Israele negli ultimi mesi.
Per il Governo Netanyahu si tratta di un grande successo a livello di Intelligence. I servizi segreti di Israele, grazie anche al sostegno di quelli statunitensi, hanno dimostrato di conoscere ogni movimento dell’organizzazione libanese, che si è invece fatta cogliere di sorpresa nonostante l’esplosione, pochi giorni prima, dei propri cercapersone.
Tuttavia, nonostante l’Esercito israeliano si stia concentrando in questo momento sul Libano, l’offensiva è in realtà a 360 gradi e non risparmia né Gaza, né lo Yemen. Nelle ultime ore, diversi raid aerei hanno ucciso almeno 11 palestinesi nella Striscia, dove la carneficina non conosce soste. Più a sud, le offensive aeree israeliane hanno invece preso di mira centrali elettriche e strutture portuali controllate dagli Houthi, in risposta al recente attacco del gruppo yemenita contro l’aeroporto di Tel Aviv. Almeno 4 i morti. Solo una piccola goccia d’acqua in un mare di violenza che continua a estendersi a macchia d’olio in tutta la regione.